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Love is all you need

19/12/2012 11:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Love is all you need

Dopo aver conquistato l'Academy Award e il Golden Globe come miglior film straniero con In un mondo migliore, Susanne Bier torna sulla laguna veneziana per pres

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Dopo aver conquistato l'Academy Award e il Golden Globe come miglior film straniero con In un mondo migliore, Susanne Bier torna sulla laguna veneziana per presentare il suo ultimo lungometraggio, dove ritrova Trine Dyrholm, attrice della pellicola precedente. Coprodotto, per l'Italia, dalla Lumière & Co. di Lionello Cerri, Love is all you need si fregia anche di un tocco hollywoodiano con la scelta, per il ruolo protagonista, di Pierce Brosnan.


Ida (Trine Dyrholm) è una donna dalla vita complicata: ha appena sconfitto un cancro al seno, sebbene sia costretta, puntualmente, a visite di controllo che ne minano la libertà e la serenità. Come se non bastasse, ha anche scoperto suo marito Leif a letto con un'altra. Philip (Pierce Brosnan) è il dirigente di un'azienda ortofrutticola che concentra tutte le proprie energie sul lavoro, per non dover pensare ad una possibile relazione, che egli, vedovo, non vuole in alcun modo. I progetti di questi due personaggi cozzano l'uno contro l'altro quando Astrid - la figlia di Ida - decide di sposare Patrick, che altri non è se non il figlio di Philip. Il matrimonio dei due ragazzi, sullo sfondo di Sorrento, sarà l'occasione per permettere a Ida e Philip di rimettere in discussione le loro esistenze.


Come nella migliore tradizione cinematografica danese, anche Susanne Bier, in questa sua traslazione dai toni cupi del genere sentimentale, pone al centro della trama una riunione famigliare per parlare dei rapporti fra i personaggi e, più in generale, delle relazioni tra esseri umani. Come accadeva già in Festen di Thomas Vinterberg o, seppur in minima parte, in Melancholia di Von Trier, anche nel film della Bier le occasioni mondane diventano scenari per l'emersione dei sentimenti individuali dei protagonisti che, accerchiati da un'umanità sconosciuta o poco interessante, trovano la via per dar voce ai pensieri più reconditi. In Love is all you need, la regista privilegia toni leggeri, con uno scenario da cartolina turistica – quella di Sorrento - che, privato della propria tridimensionalità come luogo reale, finisce col diventare una macchia di colore narrativo dietro le buone interpretazioni del cast. Bellissima, e a tratti commovente, la Dyrholm nel ritratto di una donna in lotta contro un male oscuro e che, una volta uscita vittoriosa, rimane schiava della paura che il male possa tornare. Tuttavia, non bastano le discese negli angoli più bui della vita - dove la Bier ha dimostrato tutto il suo talento - per far riemerge Love is all you need dal mare di commedie ben girate ma tutte uguali, dove a mancare è proprio quel guizzo tecnico o narrativo che possa motivare la scelta di una storia piuttosto che di un'altra.


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