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Tormenti - Film disegnato

21/12/2012 12:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

Tormenti - Film disegnato

Nella Roma del Ventennio fascista la giovane e romantica stiratrice Lolli conosce ad una festa l’affascinante e tronfio avvocato Rinaldo e se ne innamora perdut

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Nella Roma del Ventennio fascista la giovane e romantica stiratrice Lolli conosce ad una festa l’affascinante e tronfio avvocato Rinaldo e se ne innamora perdutamente, ricambiata di un sentimento profondo, intenso ma alla lunga malsano e distruttivo. A salvarla è l’incontro con il pugile Mario, popolano come lei, antifascista e idealista. Tra Lolli e Mario nascerà un amore maturo che porterà la stiratrice a seguire il giovane in Spagna, mentre quest'ultimo si arruola nelle Brigate Internazionali.


Nato dalla matita di Furio Scarpelli, co-sceneggiato dal figlio Giacomo e diretto dal nipote Filiberto, Tormenti trae origine da disegni – un vero corpus, simile a quello felliniano – per anni tenuti nascosti insieme al sogno di farne un’opera. A rendere il progetto realtà c’è l’idea di Filiberto Scarpelli, fotografo e autore di corti e documentari su e per il cinema, di montare insieme i disegni dello zio per farne un film disegnato, una sorta di “fotoromanzo” in cui la macchina da presa è sostituita dalle fotografie. Infine l’apporto decisivo di Giacomo Scarpelli, sceneggiatore per Scola e Troisi, che ha pazientemente ricucito insieme le parole e i disegni del padre, rendendole un’opera omogenea e finita. Ne nasce un romanzo familiare, scritto come una dichiarazione di affetto e di stima per un uomo che ha infuso arte su tutti coloro che lo circondavano e come un omaggio, allo sceneggiatore di alcuni dei più grandi capolavori del cinema del Novecento.


A convincere Furio Scarpelli dell’idea di un “film disegnato” è soprattutto il carattere di grande novità che il progetto sembra costituire. Una graphic novel animata, da dirigersi in parallelo alla stesura di un omonimo romanzo a fumetti, secondo una tecnica piuttosto semplice: fotografare i disegni, montare le immagini in successione, dar loro vita con animazioni elementari ma accuratamente disposte lungo il film, ad alternare fissità e movimento. Con una lavorazione lunghissima, che termina solo nel 2009, l’opera prende vita grazie anche all’apporto in sceneggiatura di Giacomo Scarpelli, che ha l’onore e l’onere di stendere malta tra i disegni del padre e di fondere insieme le immagini attraverso una storia omogenea. L’opera degli Scarpelli potrebbe intitolarsi “L’amore ai tempi del fascismo”, ovvero un ritratto sincero, commovente, profondo e indimenticabile di un’era in cui ad uomini semplici dalle idee sane se ne alternavano altri pregni di colossalismo mussoliniano, così estremo da condurre alla pazzia. Come Mario e Rinaldo, l’uno figlio del popolo, cuore di poeta coraggioso, capace di scelte irreversibili, l’altro apperentemente colto e affascinante, dalla mente fragile e condotto alla follia per amore. Il vertice di questo triangolo sentimentale è Lolli, una donna travolta dagli eventi, perno della vicenda che a sé lega due uomini e due vite diversissime. Con la sapienza di chi ha scritto le storie per i più grandi registi e attori del cinema italiano, Furio Scarpelli disegna i suoi personaggi come dovessero avere i volti dei più noti divi: così Lolli ha viso e forme arrotondate che ricordano la Mangano o la Sandrelli, Rinaldo ha il mento spigoloso di Vittorio Gassman e Mario la mascella importante di Maurizio Arena. Ogni cosa di Tormenti, dalle fisionomie alle atmosfere, dalle ambientazioni fino ai dialoghi, sono intrise della cultura cinematografica italiana del ventennio tra i Quaranta e i Sessanta dello scorso secolo: commuove la Roma in ristrutturazione, dove fra i cantieri di Via dell’Impero, una giovane popolana può incontrare ad un ricevimento un affascinante avvocato e, come le eroine romantiche, vivere una passione travolgente e distruttiva; avvincono i sentimenti di Lolli che oscillano fra l’amore cieco per Rinaldo e quello tenero per il dolce pugile, che segue con fiducia e coraggio prima nell’esilio parigino e poi fino in Spagna, in una guerra che non capisce. Incantano, infine, i dialoghi - sincere riflessioni in una lingua del disordine o piccole filosofeggianti ammissioni - ora sussurrati fra i protagonisti, ora narrati dalla suadente voce esterna di Omero Antonutti, e i soliloqui dei protagonisti, suono di accompagnamento – insieme alle musiche d’epoca – dei disegni, sia in bianco e nero che a colori, talvolta simili a schizzi o a veri e propri acquerelli, come quello magnifico di Parigi in notturna.


Un vero e proprio inno al “bel guardare”, a cominciare dalle immagini disegnate che ne costituiscono il filo, fino alla storia che fa da gomitolo. La scrittura, lavoro di gruppo di tre artigiani del mestiere, fonde la vecchia scuola del racconto organico con le novità di una sceneggiatura moderna che unisce tante anime e tanti punti di vista. L’idea di fondo infine, di mettere su pellicola un corpus di disegni, è un’intuizione eccezionalmente riuscita, in cui si percepisce non solo la lunga realizzazione ma anche l’amalgamarsi di intenzioni tecniche e volontà omaggianti. Eppure in tutto questo, nonostante la lavorazione “familiare” e la realizzazione strettamente interna all’ambiente cinematografico, neanche per un momento il film sembra limitarsi alla sola celebrazione di Furio Scarpelli. Al contrario, Tormenti costituisce il più riuscito omaggio che si possa fare ad uno sceneggiatore: affidargli, oltre al dono della parola cinematografica, anche quello dell’immagine.


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