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Les Misérables

13/01/2013 12:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

Les Misérables

Il 15 maggio 1862 viene pubblicata dall'editore Lacroix la seconda parte de Les Misérables, romanzo di cinque tomi la cui redazione costò a Victor Hugo quasi qu

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Il 15 maggio 1862 viene pubblicata dall'editore Lacroix la seconda parte de Les Misérables, romanzo di cinque tomi la cui redazione costò a Victor Hugo quasi quindici anni di lavoro. Odiato dalla stampa francese e amato dai lettori di tutto il mondo, per tutte le epoche a venire, le avventure dell’ex galeotto dal cuore d’oro Jean Valjean appassioneranno il pubblico di tutte le età. Centocinquant'anni più tardi, dopo ben tredici adattamenti tra cinema e televisione, Tom Hooper (Il discorso del re) riporta sul grande schermo il capolavoro di Hugo; e lo fa attraverso il genere più amato del nostro tempo: il musical.


Toulon, 1815. Jean Valjean (Hugh Jackman), condannato a diciannove anni di lavori forzati per furto ed evasione, è rilasciato per amnistia e prova a ricominciare una nuova vita nonostante la persecuzione dell’ispettore Javert (Russell Crowe), convinto dell’impossibilità di redenzione dei criminali. Nel tentativo di ricostruirsi un’identità, il destino di Jean Valjean si intreccia con quello della sfortunata Fantine (Anne Hathaway) e della sua bambina, Cosette (da adulta Amanda Seyfried), che l’uomo adotterà e crescerà come propria. Intanto da Toulon a Parigi la storia batte forte all’uscio dei protagonisti, coinvolgendoli fino ai moti rivoluzionari del 1832, tra grandi storie d’amore, battaglie e un eterno duello: quello fra Valjean e Javert.


Fatto di dialoghi leggendari e indimenticabili descrizioni epiche – una su tutte quella estenuante della battaglia di Waterloo – la narrazione cartacea de I Miserabili, con le sue soggettive e i campi lunghi, pare anticipare di molto l’occhio cinematografico. Non stupisce quindi che il grande schermo si sia innamorato del romanzo di Victor Hugo, adattandolo in numerose versioni. Vi sono due modi di guardare Les Misérables di Hooper: come un film tratto da un musical di successo o come l’ennesima trasposizione di un romanzo indimenticabile. E dalla scelta di uno tra questi sguardi, dipende la valutazione della pellicola. Lo spettacolo è già di per sé un caso teatrale: realizzato nel 1980 dal musicista Claude-Michel Schönberg e scritto da Alain Boublil, è stato rappresentato - da Broadway in poi - in trentotto teatri in tutto il mondo, con un successo impensabile per un musical del West End. Liberamente ispirata a quest'ultimo, la pellicola di Hooper è destinata a restare nella memoria del genere. Ancor prima dell’uscita nelle sale, la colonna sonora originale aveva scalato le vette discografiche, la curiosità del pubblico era alle stelle e già si respirava aria di Oscar. Gli ingredienti allettanti per l'Academy ci sono tutti: una piéce di successo alle spalle, musiche coinvolgenti, grandiose scenografie, un cast di bella presenza e di ottima ugola, arricchito da comprimari come Helena Bonham Carter e Sacha Baron Cohen. Già nella sua struttura I Miserabili si presta, come ogni feulleiton, a essere musicato. Guerra, amore, grandi eroi e spietati cattivi: nelle sue componenti primarie la trama di Hugo sembra un libretto operistico. A questo si aggiunge l’innegabile talento dei protagonisti, dotati della predisposizione musicale - il cantato è in presa diretta - necessaria per interpretare un duello vocale, come nel caso degli scontri tra Javert e Valjean; una promessa d’amore, come per Cosette e Marius; o ancora di un intenso soliloquio cantato, come nelle performance di Fantine, tra le quali si distingue I Dreamed a Dream, brano portante della colonna sonora. Di contorno ai cori di guerra e agli struggenti momenti di malinconia, a rendere grandiosa l’atmosfera della Parigi rivoluzionaria ci pensano le scenografie da colossal, colorate dalla fotografia romantica di Danny Cohen come in un dipinto di Delacroix.


Il rischio di mettere in scena un musical di tema letterario è che, parallelamente a coloro che lo ameranno in quanto tale, c’è un pubblico di lettori da accontentare. E senza dubbio su questo secondo punto Hooper, regista britannico dallo sguardo più hollywoodiano di tanti colleghi statunitensi, riscuoterà minor fortuna. Se infatti si può sorvolare sulle tante semplificazioni nella rappresentazione della Parigi rivoluzionaria - fra tricolori sventolanti, orfanelli e osterie, colpa di una troppo semplice fascinazione cinematografica - è inevitabile notare come dietro alla sfolgorante confezione, dell’appassionante trama di Hugo non sia rimasto quasi nulla. A iniziare dal tema dominante: il bene contro il male, Javert contro Valjean, due personaggi leggendari relegati a un gioco di inseguimenti, baruffe e pomposi duelli visivi. Se è vero che l'ufficiale impersonato da Russell Crowe non ha niente a che vedere con l’algido ispettore immaginato da Hugo - piuttosto una riedizione di Master & Commander, di un' arroganza molto cinematografica e poco letteraria – questo appare concepito unicamente per battibeccare musicalmente sulla scena con il Valjean di Jackman, troppo bello e poco sofferente. Hooper – per rimediare all’assoluta mancanza di carisma del suo protagonista – preferisce semplicemente ruotare la vicenda dal punto di vista di Fantine, una Hathaway che è un’ottima cantante ma priva sia della sensualità e della drammaticità del suo personaggio. Infine c’è la vicenda di Cosette, da una partenza legittimamente – date le origini del regista - dickensiana all’incontro a tinte rosa con Marius, personaggio anch'esso vittima di un ritratto ingiustamente stilizzato nell’interpretazione del giovane Eddie Redmayne. In compenso, Tom Hooper cede parte delle tre ore del suo film a personaggi d’arredo come i Thenardier, una divertente e grottesca mascherata dagli echi burtoniani o alla straziante vicenda di Éponine, una Samantha Barks che è l’unica attrice del film davvero degna di un romanzo. Sin dalla sua uscita nei cinema Les Misérables è stato avvolto da un’allure di attesa, al botteghino come in materia di premi e riconoscimenti. Eppure, pur trattandosi di una pellicola di facile successo, destinata tanto al pubblico quanto all’Academy, rimangono evidenti le numerose incertezze registiche, giustificate solo in parte dalla grandiosità del progetto. Un eccelso prodotto cinematografico e musicale del tutto deludente però sul piano della poetica.


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