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Frankenstein

24/03/2016 11:00

Maurizio Encari

Recensione Film, Film Horror, frankenstein,

Frankenstein

Adattamento moderno (e poco riuscito) del romanzo di Mary Shelley

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Victor Frankenstein e sua moglie Maria sono due scienziati che, dopo aver condotto un folle esperimento, portano alla vita Adam, un ragazzo creato in laboratorio con la mente di un infante. Dopo pochi giorni però le condizioni fisiche del moderno Prometeo cominciano a peggiorare in maniera critica, con orribili putrescenze ad invadergli il corpo: l'unica soluzione, per evitare ulteriori sofferenze, è quella di sopprimerlo. Adam però, che ha una forza superiore alla media, riesce a fuggire dalla struttura nella quale è nato e si trova così a contatto per la prima volta col mondo esterno. Il suo orribile aspetto e la sua conoscenza praticamente nulla di come rapportarsi con la gente lo portano a compiere estremi atti di violenza e a venir etichettato come un mostro; i suoi due unici amici saranno un pastore tedesco e un chitarrista cieco. Ma il peggio per lui deve ancora arrivare.


Il classico di Mary Shelley ha generato decine e decine di trasposizioni sul grande schermo, anche se quelle veramente riuscite si contano sulle dita di una mano. A questa sparuta élite non appartiene purtroppo il Frankenstein di Bernard Rose, uscito oltreoceano direttamente per il mercato home video. Se l'aggiornamento della storia ai giorni nostri non è certo una ventata di novità, inizialmente le atmosfere gore sembravano instradarsi su un'efficace atmosfera di genere, purtroppo ben presto soffocata da un celato autorialismo che snatura gli istinti più estremi della produzione. Troppo ambizioso per i mezzi a disposizione, solcato nella sua narrazione dal costante voice-over del protagonista (un comunque ottimo Xavier Samuel), il film utilizza l'efferata violenza per nascondere tutti i limiti di una sceneggiatura che, ad un certo punto, non sa più dove andare a parare, trovando per altro eccessive forzature nell'improbabile epilogo. La sofferenza fisica (a tratti disturbante) ed emotiva di Adam fuoriesce così solo a tratti, in una messa in scena troppo compiaciuta, piagata anch'essa da difetti congeniti e non bastano le citazioni all'originale (su tutte l'incontro con la bambina) a giustificare gli evidenti limiti. Se la scoperta di una realtà sconosciuta vista da uno sguardo innocente, inconsapevole e incolpevolmente ignorante era sulla carta una mossa vincente, la rappresentazione non trova quel genuino senso di sorpresa limitandosi ad un'esperienza gratuita mai in grado di coinvolgere seriamente alla vicenda.


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