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Borat (2006), la recensione del film di Sacha Baron Cohen: una critica sociale demenziale ma efficace

16/10/2009 10:00

Marco D'Amato

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Borat (2006), la recensione del film di Sacha Baron Cohen: una critica sociale demenziale ma efficace

Il comico inglese di origine ebraica Sacha Baron Cohen trasferisce sul grande schermo uno dei personaggi di maggior successo dello show

Direttamente dal programma di culto Da Ali G Show, il comico inglese di origine ebraica Sacha Baron Cohen trasferisce sul grande schermo uno dei personaggi di maggior successo dello show: lo sgangherato, volgarissimo e politicamente scorretto reporter kazako Borat Sagdiyev.

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Grazie a un finanziamento del suo Ministero degli Esteri, Borat parte per gli Stati Uniti per un reportage divulgativo dell’American Way of Life da distribuire in Kazakistan. Durante il viaggio vede una puntata di Baywatch, si innamora perdutamente di Pamela Anderson e sabota la produzione guidando il suo scassatissimo furgoncino verso la California per raggiungerla.

Il film è uno spietato, sboccato, spudorato e delirante “confronto” tra le abitudini, gli usi e i costumi di due paesi dalle culture totalmente differenti: impietosa la descrizione del Kazakistan (che il governo del paese non ha assolutamente gradito) anche se completamente distorta e palesemente caricaturale; ancora peggiore quella degli USA di cui vengono smascherate convenzioni di facciata e convinzioni nascoste ma ben radicate.

 

Sacha Baron Cohen ha in mente un solo obiettivo: essere uncorrect a tutti i costi e il suo Borat è tutto quello che la Società Moderna disprezza, almeno a parole: sessista, razzista, antisemita, omofobo, sessuomane e volgarissimo. Nell’ora e mezza di pellicola riesce a far insorgere tutti coloro con cui viene a contatto: kazaki, americani, donne, neri, ebrei, disabili, zingari e omosessuali sono i bersagli della genuina e straripante ignoranza e delle convinzioni medievali del reporter. Il Kazakistan è un paese mostruosamente arretrato, è vero, ma Borat si fa beffe anche degli Stati Uniti. Da antologia la scena del Rodeo in cui, dopo aver augurato all’Iraq terribili disgrazie tra i boati della folla, canta sulle note di The Star-Spangled Banner un totalmente inventato e assolutamente insultante inno kazako, con una grammatica da delirio.

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Proprio il minestrone linguistico del tutto sgrammatico con cui si esprime Borat è uno dei pezzi forti del film, pertanto è caldamente consigliato guardarlo in lingua originale con i sottotitoli. Il limite del film sta nella sua comicità da sketch: molte sono davvero riuscitissime, ma il ritmo non rimane sempre sostenuto e a volte accusa qualche calo, oltre alla sovrabbondanza di gag ad alto tasso di stupidità e volgarità, a sfondo scatologico e, particolarmente, sessuale (un “duetto” sul letto tra Borat e Azamat è da iscrivere di diritto tra le scene più disgustose della storia del Cinema). Becero, urticante, divertentissimo.


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Genere: commedia

Titolo originale: Borat: Cultural Learnings of America for Make Benefit Glorious Nation of Kazakhstan

Paese/Anno: Regno Unito/USA, 2006

Sceneggiatura: Sacha Baron Cohen, Anthony Hines, 

Fotografia. Luke Geissbuhler, Anthony Hardwick

Montaggio: Craig Alpert, Peter Teschner, James Thomas

Musiche: Erran Baron Cohen

Durata: 84'

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