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Rogue One: A Star Wars Story

15/12/2016 12:00

Roberto Semprebene

Recensione Film, Star Wars, SW spinoff,

Rogue One: A Star Wars Story

Originalità e grandiosità per un film che guarda a Star Wars, ma mantiene la sua indipendenza

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In una Galassia lontana lontana sono avvenuti cambiamenti importanti, che hanno portato una ventata di aria fresca a quella che è probabilmente la più longeva e amata saga cinematografica di sempre. Rogue one: a Star Wars Story dichiara la propria originalità nel continuum di Star Wars fin dai titoli di testa, in cui colpisce la scioccante mancanza della classica esposizione del prologo sulle note di John Williams. Di fatto, poi, la colonna sonora vede Michael Giacchino alla direzione e lo stupore è potenzialmente doppio. Queste premesse non spaventino i fan di nuova e vecchia data: Rogue one: a Star Wars Story si ritaglia il proprio spazio di autonomia, ma si cala perfettamente nel solco della narrazione principale, rispetto alla quale si pone fra Episodio III e IV, con un setting riconoscibilissimo, tecnologie cui siamo affezionati e introduzioni coerenti.


Il film, diretto per l’occasione da Gareth Edwards e interpretato da un cast variegato e ricco, nel quale risaltano come protagonisti Felicity Jones (Jyn Erso) e Diego Luna (Cassian Andor). Si apre sull’infanzia di Jyn, figlia di uno scienziato imperiale (Mads Mikkelsen) costretto dal Direttore Orson Krennic (Ben Mendelsohn) a tornare al lavoro sul progetto di un’arma che conosciamo bene: la Morte Nera. Salvatasi dal tentativo di rapirla per farne uno strumento di coercizione per il padre, la bambina cresce e, in virtù della sua identità, viene suo malgrado coinvolta nuovamente nella guerra fra Ribelli e Impero.


Da queste premesse si sviluppa un’avventura che ci porterà a conoscere una serie di personaggi nuovi rispetto alla saga, ma costruiti con cura e attenzione al dettaglio, al punto di permetterci una rapida costruzione d’empatia nei loro confronti. La struttura narrativa si divide in due parti piuttosto ben marcate con una prima fase di contestualizzazione ed esplorazione di ambienti, situazioni e personaggi, che prelude a una seconda parte più action e divertente. Il grosso dei dialoghi sono, come presumibile, nella prima parte; i combattimenti sono disseminati in tutto il film, ma raggiungono la grandiosità e l’epicità che ci si aspetterebbe da un film legato a Star Wars nella seconda, con un comparto tecnico ed effetti speciali fantastici, che difettano solo nella riproduzione di alcuni personaggi virtuali per i quali certi riferimenti reali sono troppo marcati per passare inosservati.


Tutto il film strizza l’occhio ai fan con rimandi più o meno evidenti alla saga principale, ma è nel suo discostarsi da essa che Rogue one: a Star Wars Story trova la propria dimensione e il successo. La forza di questo film è probabilmente la mancanza del tentativo di costruire qualcosa che si apra a una nuova continuità, nella volontà di costruire una narrazione solida e indipendente, che non si preoccupi di proporre ganci (cosa è successo e cosa succederà, è qualcosa di già noto) e non avendo interazione dirette (o quasi) con personaggi amati e riconoscibili può permettersi di crearne di nuovi che non vivano di luce riflessa o subiscano un’inevitabile sudditanza.


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