La banda criminale più improbabile di sempre è di nuovo riunita. Il gruppo di ricercatori scientifici, capeggiato da Pietro Zinni (Edoardo Leo), torna all’azione: stavolta, dopo esser entrati a pieno titolo nel mondo del narcotraffico e aver creato la prima sostanza allucinogena non tracciabile e, quindi, legale, lavoreranno in incognito con le Forze dell’Ordine. Dovranno rintracciare tutte le smart drugs presenti sul territorio romano per riuscire a classificarle, in modo che vengano debellate. Sydney Sibilia arriva nelle sale con il secondo capitolo della saga Smetto quando voglio: masterclass, nata nel 2014 e con già un terzo film in cantiere, trova in questo secondo tassello nuovi spunti. La trama, ben congeniata dallo stesso Sibilia e dagli sceneggiatori Francesca Manieri e Luigi Di Capua, mantiene lo stampo della commedia, allargandosi tuttavia ad altri generi. Smetto quando voglio: masterclass è un’action comedy: la commedia all'italiana incontra l'azione del cinema americano con citazioni che vanno da Indiana Jones a Ritorno al Futuro, inseguimenti, sparatorie e combattimenti. Una strizzata d’occhio di Sibilia va anche al genere poliziottesco, sua grande passione, che ha fatto fortuna in Italia negli anni ’70. La banda di ricercatori, che tanto ha fatto per arrivare al successo e ai guadagni, ora dovrà reinventarsi per riconquistare una libertà che lo Stato gli aveva tolto. Con il film di Sibilia gli scienziati e gli intellettuali che di solito in Italia vengono relegati in un mondo a parte, ignorati dal resto della società, arrivano alla ribalta. E per inerzia e insoddisfazione nei confronti della vita, si ritrovano a fare cose assurde e impensabili proprio grazie a quelle competenze che in molti avevano sottovalutato. Siamo di fronte a una “rivincita dei nerd”, che si prendono la scena ispirandosi a I soliti ignoti ma anche a Tony Montana: criminali intelligenti, senza pistole ma dotati di attrezzature specifiche che identificano il narcotrafficante 2.0. E quando a uno straripante intelletto si accompagnano strumenti realizzati nel corso di anni accademici, tra chimica ed ingegneria, il cinema è fatto. Francesca Manieri e Luigi Di Capua riescono a toccare le corde dei più scettici, con una sceneggiatura costituita da dialoghi incalzanti e non morbosi, in grado di dare personalità a ogni battuta. Il cast corale, poi, si è messo totalmente a servizio del regista che, volutamente, ha stravolto ogni canone rispetto al primo film. Nota di merito per Greta Scarano, Marco Bonini, Luigi Lo Cascio e Giampaolo Morelli che, pur essendo entrati in corso d’opera (non c’erano nel primo capitolo), hanno espresso pienamente e al meglio le loro potenzialità, risultando credibili in un contesto già rodato.