Uscito nell’estate del 1999, La Mummia di Stephen Sommers incassò la bellezza di 580 milioni di dollari worldwide, a fronte di un budget di 80 milioni. Fu un successo tanto enorme che colse di sorpresa persino la stessa Universal; un blockbuster estivo in grado di imporsi subito come nuovo standard (sia dal punto di vista visivo, sai da quello degli ingredienti narrativi) per simili prodotti d’intrattenimento ad alto budget, perciò era pressoché inevitabile che la casa di produzione decidesse di mettere in cantiere un seguito a tempo record, infischiandosene delle critiche poco lusinghiere e pensando solo al proprio portafogli. Perché i lavori di Stephen Sommers, nonostante gli incassi vertiginosi e persino la consacrazione con una giostra a tema agli Universal Studios di Los Angeles, non hanno mai goduto di grande stima né da parte dei mestieranti dell’ambiente, né da parte dalla maggior parte della critica. Un discorso che prende l’avvio da questo dittico per culminare in Van Helsing, pellicola che uscì nel 2004 e con cui la Universal cercò di dare nuova linfa ad altri tre “mostri sacri” - in tutti i sensi - del suo immaginario. Dracula. L’uomo lupo. Il mostro di Frankenstein. Venne massacrato dalla critica in maniera davvero troppo ingiusta e ancor più aspra delle Mummie e il flop al botteghino contribuì a frenare la carriera di Stephen Sommers (dal 2004 a oggi ha diretto solamente due lungometraggi) oltre che a far accantonare alla Universal l’idea di riportare i mostri classici al cinema. Anche lo sfortunato travaglio di Wolfman non aiutò. Ma La mummia - Il ritorno è davvero così terribile? Ambientato dieci anni dopo gli eventi del primo film ritroviamo i protagonisti, Brandon Fraser e Rachel Waisz sposati, con un figlio e residenti a Londra. Quando il cadavere di Imhotep (Arnold Vosloo, la mummia del primo film) viene ritrovato al British Museum, antiche maledizioni tornano a flagellare il nostro mondo. La mummia - Il ritorno non è altro che una versione sotto steroidi del primo capitolo, dove qualsiasi elemento di sceneggiatura, che era stato originariamente apprezzato dal pubblico, qui viene riproposto ingigantito ed esasperato. Anche l’estetica visiva della CGI viene portata sino al limite estremo concesso dalla tecnologia dell’epoca. Perciò, se nel primo capitolo il nemico era solo il sacerdote Imhotep, qui ritroviamo lui, la sua amata Anck-su-Namun e il leggendario Re Scorpione; sul fronte dei buoni invece vi è una reunion di praticamente tutti i personaggi più qualche aggiunta, lanciati in una caccia al tesoro contro il tempo per raggiungere la leggendaria oasi di Ahm Shere. Alcune trovate funzionano, altre molto meno, ma ci sono indubbiamente degli elementi affascinanti che vanno riconosciuti a Steven Sommers, anche solo per il fatto di essere stato tra i primi a mostrarli sul grande schermo. A un pubblico ancora non assuefatto da orge di computer grafica l’apparizione dell’esercito di Anubi fu realmente qualcosa di affascinante e mai visto prima, così come l’estetica ibrida del Re Scorpione (interpretato da un giovanissimo e molto più sgonfio Dwayne Johnson, qui alla sua prima prova come attore). Anche se rivisto oggi appare davvero troppo simile a un videogioco. Di certo La mummia - Il ritorno non è un capolavoro e non ha nemmeno l’incisività del primo capitolo, ma nel complesso il film fa il suo dovere esattamente come un baraccone da luna park: tutto è un po’ pacchiano ed esagerato, ma se sei capace di stare al gioco allora diverte e intrattiene, riesce a strapparti una risata e a farti correre persino un brivido lungo la schiena. Insomma rispecchia tutti i cliché del cinema d’intrattenimento fantasy/avventuroso della fine degli anni ’90, anche se un po’ tardivo dato che il film uscì nelle sale nell’estate del 2001. Poi da lì a qualche mese la musica sarebbe cambiata con l’avvento de Il Signore degli Anelli - La compagnia dell'anello, ma questa è tutt’altra storia.