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Black Panther

10/02/2018 12:00

Roberto Semprebene

Recensione Film, CineComics, Avengers, Marvel Comics,

Black Panther

La Pantera Nera balza nell'Universo Marvel

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Dopo averlo visto come comprimario in Captain America: Civil War, Re T’Challa, alias Black Panther (Chadwick Boseman), torna sul grande schermo con un film a lui dedicato, diretto da Ryan Coogler, portatore di novità più interessanti su carta che in video. Black Panther si situa cronologicamente dopo i fatti raccontati in Captain America: Civil War: T’Challa deve sostenere la prova rituale che lo incoronerà re di Wakanda, paese africano che dissimula di fronte al mondo la propria ricchezza e tecnologia. Una sorta di Atlantide, il cui incredibile avanzamento tecnologico si deve a un immenso giacimento di vibranio che si cela nel suo sottosuolo. Ma Wakanda ha sempre preferito nascondere al mondo la sua prosperità e le sue avveniristiche conoscenze. La dicotomia composta da queste posizioni anima tutti i conflitti raccontati nel film, da quello storico fra le tribù che abitano il Wakanda, a quello fra T’Challa e l’ex ragazza Nakia (Lupita Nyong’o); e, soprattutto, quello con la nemesi del sovrano, Erik Killmonger (Michael B. Jordan).


T’Challa saprà farsi valere come sovrano e come Black Panther, trovando la propria consacrazione nell’Universo Marvel anche grazie a una serie di importanti figure secondarie: la sorella nerd Okoye (Danai Gurira), l’affezionata e saggia madre Ramonda (Angela Bassett), la fedele e rigida guerriera Ayo (Florence Kasumba), il devoto zio Zuri (Forest Whitaker) e l’amico di lunga data W’Kabi (Daniel Kaluuya); oltre all’agente Cia Everett K. Ross (Martin Freeman), determinante insieme al criminale Ulysses Klaue (Andy Serkis) nel creare un canale di comunicazione fra Wakanda e il mondo esterno (in un film che altrimenti potrebbe sembrare svolgersi in un mondo parallelo).


Nei temi affrontati, Black Panther è probabilmente il più ricco fra i film dell’Universo Marvel, insieme forse al primo Thor. Ma come e più di Thor questa ricchezza diventa almeno in parte controproducente in un film che, seppur lungo, si trova a dover dire troppe cose e troppo in fretta. È così nel corso delle 2 ore e 15 minuti che lo compongono spaziamo dagli scontri tribali ai conflitti shakespeariani, dal contrasto fra tradizione e modernità alle difficoltà dell’integrazione e del rispetto sociale e razziale, passando per il rapporto genitori-figli e quello fra la propria individualità e il ruolo nella società. Sono tanti temi e tutti importanti. Nel contesto di un cinecomic il risultato è una riflessione che resta superficiale e deficitaria, semplicistica e buonista. Da una parte si plaude al tentativo di discostarsi da un genere che innegabilmente comincia ad arrotolarsi un po’ su se stesso, dall’altra si rischia di trovare noiosi dialoghi che vorrebbero sollevare questioni etiche e morali ma restano velleitari in un contesto in cui le situazioni si risolvono con cariche di rinoceronti corazzati. La profondità che Black Panther cerca è qualcosa che si può inserire in un cinecomic, ma a patto di fare una scelta dei temi trattati. E qui le buone intenzioni si scontrano con la necessità di essere anche divertenti.


Black Panther non è un brutto film, condivide aspetti e situazioni topiche con i suoi predecessori e con tanti classici - da 007 per la parte spy e per il rapporto di T’Challa con la sorellina inventrice hi-tech, a Il Re Leone per il rapporto del re con il predecessore e padre - andando a costituire un patchwork a volte non pienamente armonico, ma comunque funzionante. Va detto che il personaggio Black Panther si afferma e ottiene una sua dignità, che gli permetterà di schierarsi al fianco degli Avengers nella prossima Infinity Wars.


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