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Notti Magiche

30/10/2018 12:00

Andrea Desideri

Recensione Film,

Notti Magiche

Virzì descrive luci e ombre del cinema italiano degli anni Novanta

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3 Luglio 1990, la notte di Italia-Argentina viene ritrovato nel Tevere il cadavere del noto produttore cinematografico Leandro Saponaro. Da questa morte, apparentemente accidentale, comincia la storia di Ambrogi, Scordia e Malaspina, tre ragazzi venuti da lontano che arrivano nella Città Eterna durante il Mondiale Italia 90. Gli aspiranti sceneggiatori, finalisti del Premio Solinas, si ritroveranno a condividere casa, gioie e dolori per un mese. Trenta giorni fatti di incontri, scontri e conoscenze illustri nel tentacolare mondo del cinema italiano, in cui non è tutto oro quel che luccica.


Paolo Virzì presenta alla tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma un film in cui la Città Eterna gioca un ruolo fondamentale. Notti magiche è una commedia che si tinge di giallo, in cui la Capitale torna negli anni Novanta: il regista toscano riporta tutti ai tempi di quel sogno Mondiale, sfumato ai rigori, e descrive una vicenda intricata che viaggia su più livelli. Anzitutto, il titolo non è semplicemente un omaggio all’omonima colonna sonora di quell’estate che ventotto anni fa ha tenuto chiunque col fiato sospeso. Le notti, in questo film, diventano magiche per davvero. Nel senso che cambiano la prospettiva di ogni cosa e, quando su Roma cala l’oscurità, cessa di esistere quella teatralità e quel garbo che contraddistingue l’industria cinematografica italiana: se di giorno sono tutti pronti e disponibili, ogni notte gli addetti ai lavori del mondo della celluloide si ritrovano nei salotti buoni, ristoranti, bar, discoteche e alimentano intrighi, sotterfugi, espedienti al limite del consentito per mandare avanti questa macchina da soldi che è il grande cinema italiano.


La Settima Arte, nell’ultimo film di Virzì, viene presa di mira facendo uscire allo scoperto tutte quelle crepe su cui si è sempre sorretta l’architettura produttiva: sceneggiatori che lavorano essendo pagati sottobanco, il fenomeno del ghostwriting, la tendenza a scegliere attori suggeriti piuttosto che professionisti meritevoli, l’abominio di ottenere ruoli o progetti tramite favori sessuali. Questo avviene oggi, ma è sempre successo. Notti magiche lo fa capire prendendo posizione, tornando indietro di quasi trent’anni. Dunque, la morte di un personaggio illustre, squattrinato e zoticone, diventa il pretesto per fare le pulci ad un sistema malato e marcio che, però, appare splendente e – per l’appunto – magico.


Virzì sceglie, attraverso la purezza dei suoi interpreti, di far crollare il castello di carte in toto: l’opera è un attacco, neanche troppo velato, a certe consuetudini che sarebbe ora di debellare. Certamente, Notti magiche sarebbe stato impossibile da realizzare qualche anno fa, quando le ombre dell’industria cinematografica erano ancora celate. Le recenti rivelazioni della cronaca, forse, hanno spinto il regista a costruire qualcosa di sferzante che lasciasse una morale al pubblico. Una presa di coscienza su un mondo apparentemente perfetto. Molti i cammei: da Ornella Muti ad Andrea Roncato, passando per Tea Falco. Si cita Fellini, Moretti, Scola. Si intravede Mastroianni, affranto per aver rotto da poco con la Deneuve, e vengono fatti importanti cenni storici. Notti magiche è un film che illumina, apre gli occhi e, tra il serio ed il faceto, lascia intendere che non è più tempo di rimanere in silenzio davanti alle ingiustizie.


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