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L'ora più buia

17/09/2018 10:00

Francesco Gregorio

Recensione Film,

L'ora più buia

L’inglesissimo Joe Wright racconta una storia tutta britannica: la battaglia di Dunkerque

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Ultima fatica dell’inglesissimo Joe Wright, già visto all’opera negli adattamenti di alcuni grandi classici della letteratura (Orgoglio e pregiudizio, Anna Karenina), L’ora più buia esce nelle sale quasi in concomitanza con Dunkirk, con il quale condivide l’ambientazione storica… e poco altro. Il film prende il via nel 1938, con la delicata fase che segna la fine della politica di appeasement del primo ministro conservatore Neville Chamberlain nei confronti della Germania nazista e la difficile fase di transizione che si concluderà con la nomina di Winston Churchill, figura tra le più rilevanti e controverse del XX° secolo, fautore di una politica all’insegna dell’intransigenza più assoluta e della coesione nazionale. Il film punta i riflettori sullo scontro politico all’interno del partito conservatore e sulle difficili scelte che l’Inghilterra di quegli anni sarà chiamata a compiere per la sua sopravvivenza tra la battaglia di Dunkerque e l’operazione Leone Marino, come era stato definito dal Furher il piano di invasione dell’Inghilterra.


L’ora più buia poggia quasi del tutto sull’interpretazione del protagonista: la prova recitativa di Gary Oldman, premiata con l’Oscar, è effettivamente notevole; come lo è il lavoro dei truccatori (in particolare Kazuhiro Tsuji, anch’esso vincitore di una Statuetta). Il suo Churchill risulta da subito assolutamente irresistibile, forse troppo. Emerge infatti nel film la tendenza a presentare il personaggio attraverso l’immagine radicata nell’immaginario collettivo contemporaneo, rivestendolo insomma di quell’aura di romanticismo posticcio già vista in numerosi film analoghi (un paio di esempi: La teoria del tutto e The Imitation Game). La tendenza, insomma, è a strizzare l’occhio al pubblico e al gusto attuale, presentando in pochi e semplici tratti la figura di Churchill - brontolone, risoluto, ironico, talvolta scorbutico - e alimentando il mito del Churchill vicino al popolo (abbastanza surreale la scena della metropolitana).


Rileggere il passato con gli occhi e le sensibilità di oggi finisce col semplificare e snaturare un’opera che risulta comunque godibile: di lati positivi il film ne ha, soprattutto perché fornisce una bella rappresentazione del sistema parlamentare inglese e delle dinamiche interne alla scena politica del periodo. Tuttavia resta la sensazione di un prodotto più adatto alla tv di consumo che al cinema, estremamente semplificato e privo del coraggio necessario.


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