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La vendetta del mostro

03/03/2018 11:00

Davide Tecce

Recensione Film, Film Horror, mostro laguna nera,

La vendetta del mostro

Il sequel de Il mostro della laguna nera

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Uscito nelle sale americane ad appena un anno di distanza da Il mostro della laguna nera, La vendetta del mostro è stato un progetto fortemente voluto dal produttore William Alland, deciso a sfruttare il successo al botteghino del primo film con un sequel che riproponesse la fortunata figura di Gill-Man. La regia della pellicola, affidata ancora una volta al maestro Jack Arnold, confeziona uno spettacolo che, pur non risultando all’altezza del predecessore, ha comunque il merito di introdurre diversi spunti interessanti.


La vicenda narrata si svolge subito dopo gli eventi dell’episodio originale: giunti in Amazzonia grazie alla guida del battelliere Lucas (Nestor Paiva), tra i pochi superstiti della precedente spedizione, i due inviati Joe Hayes (John Bromfield) e George Johnson (Robert B. Williams) riescono a catturare il misterioso uomo-pesce grazie all’ausilio della dinamite. Finito in coma a seguito dell’esplosione, Gill-Man viene condotto nel parco marino di Ocean Harbor, in Florida, dove riprende conoscenza e si vede sottoposto a vari test scientifici. Gli esperimenti sono condotti dal dottor Jim Ferguson (John Agar) e dall’avvenente ittiologa Helen Dobson (Lori Nelson), i quali finiscono presto per innamorarsi l’uno dell’altra. Ma non hanno fatto i conti con il mostro: attratto anch’esso dalla bella studiosa e reso feroce dalla gelosia, riesce a evadere dal centro ricerche e si immerge nuovamente nelle acque marine; non per darsi alla fuga come tutti credono, bensì per aspettare l’occasione giusta e trascinare Helen con sé.


Rimanendo fedele ai temi e i toni del capostipite, La vendetta del mostro porta in scena una parabola di amore, orrore e solitudine destinata a sfociare in un epilogo fatalmente tragico. Il principale aspetto che merita di essere sottolineato risiede anche stavolta nella caratterizzazione di Gill-Man, personaggio chiave attorno al quale si sviluppa il sostrato concettuale del film. Ultimo esemplare di una specie preistorica ormai estinta, l’uomo-pesce risulta doppiamente vittima dell’accanimento scientifico e dell’esclusione sociale. Sradicato brutalmente dal suo habitat originario e rinchiuso in una vasca con tanto di catena al piede, il bizzarro anfibio diviene oggetto di esperimenti mossi in apparenza da onorevoli intenzioni (favorire il miglioramento della conoscenza umana) ma che in realtà finiscono per innescare una corsa cieca verso il progresso, atta a travolgere nel suo cammino ogni preziosa traccia di biodiversità. La denuncia dell’indifferenza e della presunzione scientista, apre le porte a un discorso sociale non meno corrosivo: malgrado infatti i test condotti sulla creatura dimostrino la presenza di facoltà intellettive e caratteristiche genetiche molto simili a quelle dell’uomo, Gill-Man è destinato a vedersi eternamente respinto dal mondo circostante. Ancora una volta, pertanto, il mostro si trasforma nel simbolo per eccellenza dell’emarginazione, nel manifesto vivente in cui possono riconoscersi tutti gli esclusi, gli isolati, i ripudiati da una società che se da un lato predica la razionalità e l’eguaglianza, dall’altro si dimostra intollerante e discriminatoria.


In questo contesto, la gelosia e la frustrazione sessuale dell’uomo-pesce non possono che trovare sfogo nella violenta evasione dallo stato di cattività e l’inseguimento ossessivo della dottoressa Dobson. Tale comportamento, se per un verso esaspera l’archetipo narrativo de La bella e la bestia, contribuisce a rendere la figura di Gill-Man più infelice e disperata che in passato; per altro verso sembra focalizzare un modello relazionale nel quale affiora già l’odierno problema dello stalking, fondato sull’attaccamento morboso e la volontà di possesso. Anche la donna, d’altro canto, appare vittima a sua volta di una società repressiva e maschilista, costretta a scegliere cosa sacrificare tra gli studi e la maternità, tra la carriera e la famiglia - come afferma la stessa Helen in un significativo dialogo del film.


Nel complesso, dunque, sebbene nato da esigenze prettamente commerciali La vendetta del mostro si dimostra un sequel dignitoso e non privo di elementi di interesse: il livello qualitativo dell’originale rimane imbattuto per efficacia narrativa e freschezza stilistica, ciononostante la visione della pellicola resta consigliata a tutti gli appassionati del filone fanta-horror e gli amanti del celebre uomo-pesce, il cui personaggio si arricchisce di nuove peculiarità e sfaccettature.


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