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Hellraiser

16/07/2018 10:00

Marco Filipazzi

Recensione Film, Film Horror, Film Thriller, hellraiser,

Hellraiser

Nonostante il budget esiguo, Hellraiser è diventato un cult

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All’inizio degli anni ‘80 Clive Barker è uno scrittore di opere teatrali che decide di approcciarsi alla letteratura con un’antologia personale intitolata Book of blood, Libro di sangue, che suscita l’interesse del pubblico grazie a un mix di horror, violenza, eros, esoterismo e morbosità assortite. In appena un paio d’anni Barker sforna altre sei antologie della serie, guadagnandosi persino il plauso di Stephen King che lo annovera come proprio erede. Negli stessi anni scopre anche il conflittuale rapporto che lega cinema e letteratura, curando l’adattamento di due sceneggiature basate sui suoi racconti. I film in questione sono Underworld e Rawhead Rex, le cui storie vengono travisate e portate sullo schermo in modo a dir poco approssimativo dal misconosciuto regista George Pavlou. Così Barker decide di scendere in campo in prima persona adattando il suo romanzo breve The Hellbound Heart (pubblicato nel 1986 e arrivato in Italia con il titolo Schiavi dell’Inferno) scrivendone la sceneggiatura e imponendosi come regista.


Non che lo scrittore fosse completamente a digiuno di cinema: negli anni ’70 si era messo dietro la macchina da presa per girare Salomé e The forbidden, cortometraggi sperimentali in bianco e nero in cui la sfumatura horror, sebbene non fosse la principale, era già molto marcata. Mosso da questa voglia di riscatto, Clive Barker si tuffa nella produzione di Hellraiser: in esso riversa tutto il suo oscuro immaginario, dando vita a un’autentica pietra miliare del genere oltre che al capostipide di una saga che, a oggi, annovera 10 capitoli. Con questo film Barker riesce anche a regalarci un nuovo, iconico mostro: Pinhead, personaggio già presente nel romanzo, ma qui eletto a figura cardine, interpretato dall’attore inglese Doug Bradley, ex compagno di classe dello scrittore e suo collaboratore già nei cortometraggi sopracitati.


Una famiglia borghese si trasferisce in una villa nella periferia di Londra, luogo con un oscuro passato di morte e tradimenti. Durante il trasloco, il capofamiglia Larry si taglia una mano e il suo sangue gocciola sul pavimento, risvegliando Frank, suo fratello scomparso tempo prima. Frank è intrappolato in un eterno stato di piacere e dolore dopo aver aperto un portale infernale richiamando a sé i Supplizianti; la sua fuga non farà altro che scatenare le ire dei suoi carcerieri.


Hellraiser risulta essere un horror atipico, specialmente se si considera il periodo in cui esce al cinema. Nel 1987 infatti imperversano gli slasher, dai quali il film si discosta proponendo una trama che, sebbene lineare, cela tematiche ben più adulte rispetto al target giovanile a cui pellicole come Venerdì 13 o Nightmare - Dal profondo della notte erano destinate. Barker impregna l’opera di una forte connotazione sessuale e sensuale, in linea con la maggior parte dei suoi racconti, tanto che in prima battuta il film avrebbe dovuto intitolarsi Sadomasochist from beyond the grave (con il senno di poi è meglio che sia stato cambiato). Il motore della storia è avviato proprio da questi istinti primordiali: Frank alla ricerca di un piacere estremo e inarrivabile; il rapporto al limite dell’incesto tra Kirsty e suo padre; Julia che addesca le sue vittime con la promessa di una scappatella coniugale e le uccide mossa da una malsana miscela di eros e thanatos con lo scopo di rivitalizzare il suo vecchio amante. Un tradimento, il suo, dettato da impeto e passione carnale, non da amore o sentimenti benevoli. «Il sesso è un grande livellatore» ha dichiarato Clive Barker «Hellraiser è una storia sul bene e il male in cui la sessualità è il tessuto connettivo. La maggior parte dei film horror non sono sessuali, solo gruppi di adolescenti che fanno sesso e poi vengono uccisi».


Nella seconda parte del film appaiono i Cenobiti, la cui presenza scenica vale da sola il prezzo del biglietto. Il loro look richiama a gran voce quel titolo di lavorazione che non ha mai visto la luce: strettissimi abiti di lattice nero e dolore carnale mostrato con orgoglio a richiamare proprio il mondo del sadomasochismo più estremo. Nonostante sia stato girato in ristrettezza di mezzi, con un budget di un milione di dollari e una sola location, Hellraiser è diventato un cult e Pinhead è stato immediatamente proietatto nel firmamento delle icone dell’horror moderno. Non male per uno scrittore al suo debutto alla regia di un lungometraggio.


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