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Buried - Sepolto

04/10/2010 11:00

Stefano Camaioni

Recensione Film,

Buried - Sepolto

Hai novanta minuti di ossigeno a disposizione, un cellulare e un accendino...

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Hai novanta minuti di ossigeno a disposizione, un cellulare e un accendino. La buona notizia è che sei vivo, quella cattiva è che sei chiuso in una bara. Sono i presupposti di Buried - Sepolto, secondo lungometraggio (dopo Concursante nel 2007) del regista Rodrigo Cortés, mente di uno dei casi più curiosi dell'ultimo decennio cinematografico: l'idea davvero incredibile è quella di sviluppare tutti i novanta minuti di film all'interno della bara incriminata dove le sole azioni possibili sono le stesse che il protagonista Paul Conroy (Ryan Raynolds), camionista operante in Iraq, può compiere. Conroy ha quindi poco più di un'ora e mezza per liberarsi dall'agghiacciante prigionia e pochissimi mezzi a disposizione per farlo.


Buried è un thriller atipico, stranamente adrenalinico e - che ci crediate o no - decisamente movimentato. Le scelte registiche del regista spagnolo prendono forma fin dall'inizio, trasformando la sceneggiatura in immagini in modo incredibilmente dinamico ed intelligente. Sta qui la piccola ma grande rivoluzione del film: in un epoca dove il cinema (in modo particolare rispetto alle altre arti) ha la necessità di raccontare storie, mondi ed ambienti vastissimi fuori dal comune, Buried ci riporta allo “stato delle cose” dove tutto è alla portata di tutti. Chiunque avrebbe potuto ipotizzare l'incipit di una storia come quella tessuta da Chris Sparling, chiunque avrebbe potuto realizzarlo: Rodrigo Cortez ha avuto il coraggio e le capacità per farlo, senza mai annoiare, anzi regalando a chi ne fruisce un colpo di scena finale degno del miglior film d'autore.


L'attore Ryan Reynolds offre un'intepretazione eccellente, mai pomposa e sempre credibile; trasformatosi in un uomo costretto, da una guerra senza onore, a vivere il peggiore degli incubi. Un'opera coraggiosa che dimostra quanto cinema, come la guerra, non è semplice intrattenimento. Viene spontaneo citare CSI: Grave danger di Quentin Tarantino, storia che seppur profondamente differente gode della stessa idea produttiva. L'uomo ordinario nel contesto straordinario diremmo a proposito di Steven Spielberg, ma nel caso di Cortèz verrebbe da pensare la stessa cosa, seppur in termini del tutto differenti. Buried ricorda quel cinema portato avanti dai cineasti più giovani, quando le idee superano i mezzi a disposizione, realizzandosi senza mai risultare amatoriale, non soffermandosi mai, neppure per un istante, su variazioni prolisse atte a giustificare la lunghezza del lungometraggio. Al contrario, offre una dinamicità che moltissimi concorrenti di stampo action ad alto budget dovrebbero invidiargli prendendo esempio.


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