Texas. Il senatore McLoughlin (Robert De Niro) punta la sua campagna di rielezione sulla ri-americanizzazione del Texas, creando un muro solido (e non solo metaforicamente) contro tutti i messicani clandestini che travalicano il confine. Machete (Danny Trejo) è un lavoratore a giornata che viene ingaggiato come sicario per assassinare il senatore, ma durante l’attentato scopre che il vero bersaglio è lui. Aiutato da uno stuolo di personaggi border-line, Machete inizia la sua ascesa assetato di vendetta e armato di qualsiasi cosa gli capiti a tiro. “Perché devo essere reale quando sono già leggenda?” dice Machete rivolto alla sexy Sartana Rivera, in sella alla sua Harley diretto per il mondo. Non c’era una battuta tanto memorabile e spaccona in un film dai tempi degli action anni novanta. E infatti Machete un mito lo è già: nato dal fake-trailer che precedeva il segmento di Grindhouse diretto da Robert Rodriguez, Planet Terror, la gestazione del film inizia molto prima, più precisamente nel 1995, anno di Desperado (altro cult targato Rodriguez, con cui Machete ha diversi punti in comune, uno su tutti è l’assalto alla limousine) nel quale faceva la sua comparsa Danny Trejo nelle vesti di un sicario la cui arma preferita erano i coltelli. Sarebbe comunque riduttivo limitare Machete a un mero gioco di “trova i riferimenti”: il film punta ad essere definito la risposta di Rodriguez a Kill Bill di Quentin Tarantino. Anche qui il tema della vendetta è centrale, che si mischia e trasforma in voglia di rivalsa personale con riferimenti e omaggi a film e registi di genere che Rodriguez shakera donandogli nuova linfa vitale. Ci sono le location, ancora una volta polverose e assolate come nella trilogia del Mariachi, e c’è la cara Austin, affrescata sempre sotto il sole, quasi a voler fare da contrappeso a Planet Terror in cui l’unica luce era quella della luna. La storia sembra un cocktail messicano firmato a quattro mani da Fernando DiLeo (per i personaggi così ben delineati e debordanti) e Umberto Lenzi (per gli eccessi sboccati). La sceneggiatura serrata calibra perfettamente i tempi, intervallando le molte e spettacolari scene d’azione con respiri prima del balzo, senza dimenticare un critico sottotesto politico e antirazzista. L’atmosfera generale tiene sempre lo spettatore sulla corda, con il dubbio che stia per succedere qualcosa di completamente imprevedibile da un momento all’altro. Il montaggio non fa altro che amplificare la sensazione: Rodriguez (autore anche del cut finale) conosce il genere e lo dimostra con meno ostentazione del maestro Tarantino. Il cast è formidabile, quasi surreale per un prodotto come questo: De Niro nei panni del sadico senatore regala la sua migliore performance da quando si è impantanato nei ruoli da commedia, dimostrando di non aver preso lo smalto di un tempo. Il resto del cast comunque non è da meno. Jessica Alba e Michelle Rodriguez ritraggono magistralmente due femme fatal agli antipodi; le brevi apparizioni di Tom Savini e Cheech Marin sono autentiche perle per i fan, così come i ruoli più densi di Steven Seagal (imbolsito, ma riempie il cuore vederlo tornare in azione) e del bastardissimo Don Johnson. Poi, ovviamente, c’è lui, Danny Trejo, ex-galeotto e attore per caso, che all’età di 66 anni riesce a reggere 100 minuti di azione testosteronica senza mai apparire ridicolo. L’unica nota insipida, se proprio la si vuole trovare, è Linsey Lohan, anche se la suora vendicativa nella scena finale riesce a riscattarla non poco. Dopo la delusione di Grindhouse, Rodriguez ritorna al genere e ci riprova in solitaria. Machete è un eccesso dietro l’altro, quanto e forse anche di più rispetto a Planet Terror: sangue a galloni, violenza estrema, botte, sparatorie, inseguimenti e sesso che riportano in auge l’exploitation nell’era in cui il genere è rappresentato quasi esclusivamente da Tarantino. Stavolta sembra che l’allievo abbia tutte le intenzioni di superare il maestro.