Secondo film spagnolo di Guillermo Del Toro, Il Labirinto del Fauno è anche la sua pellicola più fortunata a livello di pubblico nonché, meritatamente, a livello di critica. Fu girato nel 2006, cinque anni dopo la precedente pellicola spagnola del regista La Spina Del Diavolo; a sovvenzionare la messa in scena delle sue fantasie più intime il lavoro, che proprio in questi 5 anni di intervallo, prestò per il baraccone hollywoodiano girando Hellboy e Blade II. Nel 1944 in Spagna, con Franco saldamente al potere, un capitano fascista è mandato in alcune impervie montagne a eliminare le ultime sacche di resistenza rossa. Con lui, sua moglie, da cui aspetta un figlio, che ha però con sé anche la figlia di primo letto, Ofelia, protagonista della nostra storia. Alle violenze e alle meschine crudeltà del suo patrigno fascista, ma più in generale del mondo vero e proprio (adulto?), si contrappone un misterioso regno sotterraneo, forse frutto dell’immaginazione di Ofelia, del quale si dice si sia persa la principessa epoche fa. Ofelia, appassionata di fiabe, entrerà in contatto con il Fauno e alcune fatine, i quali, parendo lei l’ultima reincarnazione della principessa scomparsa, la sottoporranno a 3 prove, per assicurarsi che la sua anima non si sia corrotta col tempo. Mentre la bambina fa le prove per entrare in questo regno fatato, al di fuori la bruttezza del mondo, quasi a rendere più desiderabile e agognato il mondo sotterraneo, si manifesta nei crimini della guerra, nelle meschinità del patrigno e nella sofferenza dei buoni della situazione. Lewis Carroll, autore di Alice in Wonderland e Alice Through The Looking Glass, convinto anch’egli che l’adultità fosse età di orrore, sofferenza e meschinità e l’infanzia un periodo felice inevitabilmente destinato a essere squarciato dalla vita, si lasciò sfuggire nel secondo libro di Alice un mesto consiglio per tutti i bimbi: "Leave Off At Seven ("A 7 anni lascia perdere (di vivere)"). Analizzando lo splendido lavoro di Del Toro e il suo enigmatico finale, le parole di Carroll non hanno potuto non tornarci in mente. Il Labirinto Del Fauno è davvero un bellissimo inno all’infanzia, età dell’Oro di ogni uomo, non fosse altro per tutte le fantasie che porta con sé e le bruttezze che ignora; ma nel contempo, anzi proprio nell’elevazione di tale inno, è una pellicola triste e rassegnata che per raffigurare il mondo adulto inscena il periodo post-bellico della guerra civile spagnola, con il terrore e la crudeltà a farla da padroni e schiacciare sotto il loro calcagno le anime buone, quasi valesse l’equazione mondo reale e adulto = regno degli ingiusti e della sofferenza. Dopo averlo visto, se si prova nostalgia del regno sotterraneo, reale o sognato che fosse, vien da essere meno meschini, vien da provare a non tradire il bambino che è in noi. Congratulazioni sincere a Del Toro dunque.