Che Bernardo Bertolucci abbia un debole per Parigi è ormai cosa nota a tanti. Era il 1972 quando il regista emiliano scelse la capitale francese come location del suo Ultimo tango a Parigi, un film maledetto prima e osannato poi, comunque destinato a diventare un cult. Dopo più di trent’anni il maestro de Il the nel deserto, L’ultimo imperatore, Il piccolo Buddha cede nuovamente al fascino della "ville lumiere" scegliendola ancora come teatro della vicenda di The Dreamers. Parigi, 1968: è il maggio francese. La città è in fermento, per i boulevard soffia vento di rivolta. Il movimento studentesco e quello operaio fanno causa comune, erigono barricate, mettono in discussione l’intero sistema di una società arroccata su valori inattuali e logori. In questo contesto agitato Matthew, uno studente di San Diego, giunge a Parigi e, durante l’occupazione della Cinematheque Francaise, fa la conoscenza di Isabelle e del suo gemello, Theo. Tra i giovani, che peraltro condividono una passione maniacale per il cinema, nasce sin da subito grande complicità : se Matthew subisce lo charme della conturbante ragazza parigina e il carisma di suo fratello, i gemelli non riescono a non cedere al fascino innocente dello statunitense. Dopo pochi giorni dal primo incontro il ragazzo si è già trasferito nel loro appartamento. L’occasione è irripetibile: i genitori di Isabelle e Theo saranno fuori Parigi per settimane. È tra l’intricato groviglio dei corridoi, delle porte, delle stanze del labirintico appartamento dei francesi, uno spazio bizzarro all’interno del quale la Libertà che guida il popolo può avere il volto di Marylin Monroe, che batte il cuore pulsante della vicenda tragica e sensuale insieme dei giovani sognatori di Bertolucci. Matthew, Isabelle e Theo vivranno giorni intensi, vibranti. Mentre la sommossa impazza per le strade, all’interno dell’appartamento nulla sembra turbare l’atmosfera tenera, torbida, brutale nella quale sono immersi, troppo presi da se stessi, troppo inebriati dai fumi di ore trascorse a dibattere di politica, musica, religione, cinema. Stanno scrivendo l’atto finale del copione della propria adolescenza questi tre sognatori calati in una realtà fittizia che pericolosamente li sta strappando dal reale. Soltanto Matthew sembra avere la forza e la lucidità di rimanere arpionato alla realtà , quella che, ogni tanto, giunge dalle finestre socchiuse dell’appartamento. I tre non sono destinati a rimanere insieme per sempre; lo teme Matthew, lo immagina Isabelle, ne è certo Theo. Film sopra le righe, seducente e raffinato, The Dreamers è diretto con cura ossessiva. Nulla è lasciato al caso: sofisticato il taglio delle inquadrature, calda e pastosa la fotografia, perfetto il ritmo del montaggio tra gli inserti dei grandi capolavori della storia del cinema e la narrazione al presente; ben scritta la sceneggiatura, densa di dialoghi brillanti e colti. Superba inoltre la prova del cast: Michael Pitt, Eva Green e Louis Garrel sono una scommessa vinta da Bertolucci. Costellato di citazioni e omaggi a grandi capolavori del cinema quali Bande à part, Venere bionda, Freaks, Cappello a cilindro e Scarface, The Dreamers è una pellicola che i cinefili non si stancheranno mai di ammirare. Eppure il film non convince sino in fondo: seppur ben confezionato, non fa altro che ricordare, una volta di più, quanto cristallino e autentico sia il talento di Bertolucci. Nient’altro. Rimane l’amaro in bocca, il sapore sgradevole di un'opera riuscità a metà del maestro parmigiano, uno dei pochi rimasti tra le fila dei cineasti italiani.