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Misfits (2010), stagione 2: la recensione

16/02/2017 11:00

Luca Lombardini

Recensione Serie TV, Serie Tv Drammatico, Serie Tv Cinecomic, Serie Tv Regno Unito, Serie Tv Fantasy, Serie Tv Commedia, Misfits,

Misfits (2010), stagione 2: la recensione

La costante presenza di un uomo mascherato dedito al parkour, desta curiosità nel gruppo di ragazzi condannati ai servizi socialmente utili...

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La costante presenza di un uomo mascherato dedito al parkour, desta curiosità nel gruppo di ragazzi condannati ai servizi socialmente utili. La seconda stagione conferma la serie ideata da Howard Overman come una delle più interessanti in circolazione. Otto episodi che gli autori utilizzano per elevare a potenza le psicologie dei personaggi, facendoli di conseguenza crescere in ammirazione all'occhio dello spettatore, riuscendo inoltre a trovare un punto d'equilibrio pressoché perfetto tra tutti gli elementi introdotti durante la stagione precedente. Nathan (Curtis Donovan) e Simon (Iwan Rheon) si cedono vicendevolmente la scena e, mentre il primo progressivamente rivela il suo animo ferito, prodotto di una famiglia caratterizzata dall'assenza paterna, il secondo si avvia a conquistare anche i più scettici, sdoppiandosi tra presente e futuro e diventando così la figura trainante dell'intera stagione.


Verso la sci-fi...e oltre


Protagonisti in stile The Breakfast Club e una cornice alla Arancia Meccanica restano i punti di riferimento cinematografici più evidenti. La serie mantiene inalterate le direttive registiche e fotografiche, introducendo però l'archetipo del viaggio nel tempo, riassunto proprio nell'evoluzione del personaggio interpretato da Rheon e fiore all'occhiello di un percorso di genere che, all'indomani della rilettura supereroistica già introdotta nella prima stagione, non può fare a meno di ricorrere, con originalità e successo, a un altro espediente classico della fantascienza. Nonostante ciò Misfits continua a convincere sopratutto per quello che è la sottotraccia: teen (tv) movie con una marcia in più, metafora dell'esistenza adolescenziale, allegoria del passaggio all'età adulta raggiunto attraverso la maggiore responsabilità possibile, ovvero la consapevolezza di possedere, e quindi dover utilizzare al meglio, un potere extraumano. Spiderman docet. Il percorso di crescita naturalmente, non può non passare per scelte dolorose, che nove volte su dieci hanno a che fare con i sentimenti. Sull'argomento Misfits si tuffa di pancia: separa Alisha da Curtis, abbandona Kelly a un'animalesca disavventura sessuale e chiude mirabilmente il cerchio facendo incontrare il “nuovo” Simon con un'incredula Alisha. Quest'ultima, preso atto della doppia dimensione attraversata dal suo amato, si vede costretta a tornare sui suoi passi, avvicinandosi giocoforza all'elemento del gruppo che fino ad allora aveva, senza tanti giri di parole, mai considerato.


Senza morale


Buona parte della seconda stagione infatti, è tutta nel primo incontro tra Simon e Alisha. Quest'ultima avvicina l'ex disprezzato compagno dei servizi sociali nel quinto episodio, mentre "Killing Moon", cavallo di battaglia della band new-wave Echo & The Bunnymen, culla in sottofondo il passaggio drammaturgico. Approfondimenti sentimentali a parte, la serie non perde il gusto per la scudisciata (a)moralistica: vedere per credere il trattamento riservato alla figura di un sedicente religioso nell'episodio "Christmas Special": degno, conclusivo erede della chiosa finale ammirata nella prima stagione.


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