Dopo Sette Opere di misericordia, i gemelli Gianluca e Massimiliano De Serio presentano alle Giornate degli Autori della 77sima Mostra del Cinema di Venezia, il lungometraggio Spaccapietre.
Il film è ispirato a un fatto di cronaca reale: la bracciante pugliese Paola Clemente che morì nei campi mentre lavorava per 2 euro l'ora all'acinellatura dei grappoli d'uva. I registi partono da questa tragedia, cambiando i nomi, per costruirvi sopra un prima e un dopo.
La donna ha un marito spaccapietre, Giuseppe (Salvatore Esposito), reso inabile al lavoro a causa di un incidente (una pietra gli ha quasi spaccato un occhio) e come figlio un bambino bello, intelligente e buono (Samuele Carrino), che vorrebbe diventare archeologo. Ma la morte improvvisa della mamma (Antonella Carone) cancella ogni speranza di futuro. Giuseppe cerca un lavoro ma l'unico che gli viene offerto a causa dell'occhio compromesso, è lo stesso della moglie, cioè quello sottopagato nei campi. L'uomo, non avendo alternative – ma qualsiasi alternativa sarebbe stata preferibile – decide di portare con sé il figlio, di circa 10 anni, e fargli fare sostanzialmente la sua stessa vita. Se lo stipendio miserabile che davano alla moglie era lo stesso che daranno all'uomo, come mai Giuseppe si vede costretto ad abbandonare la casa in cui vive, togliere il figlio da scuola e ad andare ad abitare in una baracca, in una sorta di bidonville insieme ad altri braccianti?
La regia dei fratelli De Serio dice pochissimo dal punto di vista narrativo e i dialoghi sono ridotti all'osso.
Ci troviamo in una sorta di terra di mezzo tra il documentario e la fiction. Se all'inizio il legame totalitario e privo di qualsiasi apertura esterna tra padre e figlio risulta credibile nell'affrontare la tragedia - bella la scena dei due che fanno il bagno al mare, sporchissimo e squallido anch'esso - nel corso del film il destino di entrambi, ma soprattutto del bimbo, diventa straziante. Mostrarci un bambino che soffre e soffrirà sempre di più, con tanto di cagnolino sacrificato dalla sceneggiatura a unico beneficio delle nostre lacrime, certamente commuove. Commuovono le condizioni dei braccianti, bianchi e neri senza distinzione, privati di qualsiasi dignità e diritto umano da un caporalato abominevole, vecchio e immondo (Vito Signorile).
Ma non siamo in Ladri di Biciclette e (ahimè) neppure in un film dei fratelli Luc e Jean Pierre Dardenne, nel quale la narrazione dei fatti, scevra di ogni orpello, portava verso una comprensione di umanità sublime. Qui la finzione scenica, l'abilità di tessere un dramma è carente; si preferisce farsi scudo con lacrime facili, portando lo strazio dello spettatore all'esasperazione. La via di mezzo che Spaccapietre sceglie di intraprendere non può convincere. La premessa della storia è vera, la denuncia sociale è necessaria, gli interpreti - tutti - sono bravi e misurati. L'iconografia è stata realizzata con raffinatezza e cultura - una delle ispirazioni del film è stata un quadro di Courbet, Gli spaccapietre - e si avverte l'eco di un amaro destino transgenerazionale che è ineluttabile, come una maledizione sociale senza scampo, da tragedia greca. Spaccapietre però, purtroppo, nonostante le tante frecce al suo arco, non prende con decisione la strada della finzione né quella del documentario. Non porta lo spettatore da nessuna parte, non va oltre l'ovvio e il risaputo. Il risultato è un affresco bidimensionale, che non riesce mai a toccare nel profondo.
Genere: drammatico
Titolo originale: Spaccapietre
Paese/Anno: Francia/Italia, 2020
Regia: Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio
Sceneggiatura: Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio
Interpreti: Salvatore Esposito, Samuele Carrino, Licia Lanera, Antonella Carone, Giuseppe Lo Console Vito Signorile
Produzione: La Sarraz Pictures, Shellac Sud
Distribuzione: La Sarraz
Durata: 104'
Data di uscita: 24/09/2020