Gli inverni del Nevada sembrano essere particolarmente rigidi e Nomadland porta il gelo fino in sala già dalle sue prime immagini. Per Fern, donna di una sessantina d'anni che possiede solo un camper malmesso, spostarsi altrove sembra allora l'unica alternativa; soprattutto dopo che il crollo economico ha virtualmente cancellato dalle mappe la sua città.
Parte così per raggiungere una comunità per “nomadi principianti” nel mezzo del deserto dell'Arizona: inizierà una nuova vita dopo essersi lasciata alle spalle la casa nella quale aveva vissuto con il marito. “Houseless”, come precisa lei stessa a una sua ex allieva, che le chiede se è davvero diventata “homeless”.
Un film che va dritto al cuore del sogno americano, nel quale c'è sempre stato il mito del viaggio on the road: un epopea personale quella di Fern; un viaggio che, come da tradizione, è soprattutto dentro se stessi.
«Non sei una nomade, sei come una pioniera della nostra storia» le dice orgogliosa la sorella. E negli spazi sconfinati dell'ovest americano, il viaggio assume proporzioni spettacolari, grazie anche a una regia che è superba nella gestione degli spazi: dall'abitacolo ristretto di un camper alla splendida soggettiva della prima passeggiata, fino agli spazi sconfinati delle grandi vallate. Un film che affonda i primi passi nella neve ma poi monta un po' alla volta, fino a ingrossare nel mare che apparirà infatti nel finale. In mezzo, gli incontri e i legami che fanno il vero viaggio e tanti frammenti dell'identità americana. Ma vera pietra angolare del film, proprio la pietra: quella delle rocce giganti del Canyon, quella più piccola da gettare nel fuoco per commemorare un'amica, quella piccolissima incastonata in un accendino regalato.
Dai Coen a Into the wild passando per I segreti Brokeback Mountain, al quale il precedente The rider deve moltissimo. Ma Neverland è soprattutto il film che avrebbe voluto girare Clint Eastwood: c'è tutta la sua poetica nell'opera di Chloé Zhao, che non si ferma all'estetica abusata del viaggio ma se ne serve per approfondire la psicologia della sua protagonista.
Una sorta di coming of age della terza età: dove si impara a badare a se stessi e dove i dolori della vita possono essere davvero occasione di un nuovo inizio.
Con questo ultimo lavoro la regista fa un deciso passo avanti, affrancandosi da certe soluzioni più commerciali del passato: non una pietra miliare, per restare nella metafora, ma un film potente e bellissimo, degno delle firme importanti del cinema made in USA che non disdegna anche le grandi platee. È il nostro Leone d'oro.
Genere: drammatico
Titolo originale: Nomadland
Paese/Anno: USA, 2020
Regia: Chloé Zhao
Sceneggiatura: Chloé Zhao
Fotografia: Joshua James Richards
Montaggio: Chloé Zhao
Interpreti: Frances McDormand, David Strathairn, Linda May, Charlene Swankie, Bob Wells
Colonna sonora: Ludovico Einaudi
Produzione: Highwayman Films, Hear/Say Productions, Cor Cordium Productions
Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 107'