Rispetto ai nomi noti della prima e seconda Nouvelle Vague, quello di Paul Vecchiali è qui in Italia quasi sconosciuto. Perchè il sipario su di lui sia calato troppo presto (un po' come è successo per Maurice Pialat), è domanda che trova forse risposta nel carattere del suo cinema, così eternamente demodè. Un carattere a suo modo unico e originale, ma non in grado di imporsi alla storia del cinema come hanno fatto Eric Rohmer o anche solo Jacques Rivette. Non può che essere un piacere vedere dunque Vecchiali ospite al 38mo Torino Film Festival con il suo ultimo lavoro, intitolato Un soupçon d'amour.
Geneviève è una nota attrice di teatro impegnata nelle prove di Andromaca di Racine; al suo fianco c'è il marito Andrè, a dirigerla un regista da tempo innamorato di lei.
Geneviève è stanca dei ruoli drammatici e decide di lasciare il palcoscenico per prendersi una pausa fuori città, insieme al figlio Gérome, cagionevole di salute. La sostituisce nel suo ruolo una donna che è anche l'amante di suo marito, ma che si farà da parte davanti alla forza del loro legame.
Regista del cuore e dell'amore, spesso fin dal titolo, Paul Vecchiali resta fedele negli anni al suo cinema fuori dal tempo. Che non aggiunge però nessun punto in più alla sua carriera, ed anzi gliene toglie qualcuno.
«Non c'è da aspettarsi nulla dal cinema che si rifà al teatro», avrebbe forse sentenziato ancora una volta Robert Bresson davanti a Un soupçon d'amour, pellicola che difficilmente potrà conquistare un pubblico più ampio dei suoi estimatori. Perchè quell'inizio teatrale, che si è scelto di girare con un'economia di mezzi che lo fa sembrare un prodotto televisivo, diventa poi una sceneggiatura non priva di sviluppi improbabili: un bambino di dodici anni che si interessa di teatro e utopia, l'incontro con un farmacista che ha già in borsa lo sciroppo, un ballo tra anziani che sfida il senso del ridicolo.
Eppure non si può smettere di amare il vecchio Vecchiali, anche per questo suo melodramma della terza età: un novantenne, peraltro in forma smagliante nel cameo del ballo, che non si è mai vergognato di rimare cuore con amore e che continua a farlo ancora oggi (ma si ricorda che aveva quasi ottantanni il Rohmer che girò Racconto d'autunno e quasi novanta in Gli amori di Astrea e Celadon). Dedicato espressamente a Douglas Sirk, Un soupçon d'amour è un film verso il quale si è istintivamente indulgenti e anche nostalgici: se fosse una canzone, sarebbe cantata da Charles Aznavour.
Un'opera in principio un po' Fassbinder, un po' Rohmer nel mezzo, un po' Chabrol nel finale. Ma sempre tanto Vecchiali, s'intende. Finale nel quale risiede il vero nodo del film, che chiarirà alcune dinamiche poco verosimili, in un'ultima sequenza di gran classe.
Genere: drammatico
Paese, Anno: Francia, 2020
Titolo originale: Un soupçon d'amour
Regista: Paul Vecchiali
Sceneggiatura: Paul Vecchiali
Fotografia: Philippe Bottiglione
Interpreti: Marianne Basler, Fabienne Babe, Jean-Philippe Puymartin, Ferdinand Leclère, Pierre Sénélas.
Colonna sonora: Roland Vincent