Tim Sutton si è imposto all’attenzione del pubblico (di nicchia, coloro che vanno in cerca di film marginali e indie) con quella controversa bomba di Dark Night. Era il 2016 e il cineasta si cimentava nel suo terzo lungometraggio, raccontando in modo rarefatto la strage avvenuta in un cinema di Aurora, in Colorado, la notte tra il 19 e il 20 Luglio 2012, durante la proiezione di The Dark Knight Rises. 4 anni e un film più tardi, Sutton ritorna a sfiorare il tema “supereroistico” con Funny Face, presentato prima alla Berlinale e poi al 38esimo Torino Film Festival.
Superfluo sottolinearlo, ma con il termine supereroistico non si intende un cinecomics in stile Marvel: anzi, forse non esiste nulla di più lontano del cinema di Sutton. Eppure il regista riesce a distillarne alcune tematiche, rielaborandole in chiave molto personale. Se Dark Night traeva molta della sua linfa dai fatti di cronaca a cui si ispirava (il film proiettato in sala non viene mai citato esplicitamente, eppure è dichiarato sin dal gioco di parole dal titolo, in cui la differenza la fa una K) e in parte era una specie di “storia d’origine” dei villain che fanno irruzione in sala aprendo il fuoco sugli spettatori, Funny Face si muove nella direzione opposta.
Parla di maschere e del labile confine, sempre più sottile, che separa il bene dal male. Sutton riflette su tre tipi differenti di maschere e ognuna viene declinata su uno dei personaggi.
C’è Zama (Dela Meskienyar), una ragazza musulmana orfana che vorrebbe vivere secondo il modello occidentale, ma che si scontra con la volontà degli zii conservatori che la costringono a indossare l’hijab. Il velo che le lascia scoperti solo gli occhi è la sua maschera, qualcosa che la isola dal mondo esterno e al contempo la protegge.
C’è Saul (Cosmo Jarvis) ragazzo che ribolle di rabbia e frustrazione verso un’ingiustizia sociale contro la quale non può nulla (la speculazione edilizia, che lo ha sfrattato da casa per trasformare il suo quartiere in un parcheggio), che trova per caso una maschera a terra e decide d’indossarla.
È la Funny Face del titolo, un volto ghignante in cui si mischiano suggestioni visive e ideologiche, dall’anarchia del Joker (in molti hanno visto parallelismi con il film di Todd Phillips, bah) a rimandi a temi come giustizia e libertà del Guy Fawkes di V per Vendetta sino alla furia omicida de La notte del giudizio. «Perché indossi quella maschera?» chiede a un certo punto Zama. «Non lo so, forse vorrei essere un supereroe. Forse. Non lo so».
I due si muovono in una New York periferica, quasi spopolata (ci troviamo nella Coney Island de I guerrieri della notte), in cui da perfetti sconosciuti incontratosi per caso, iniziano a costruire un rapporto di reciproca fiducia. Gli emarginati che si alleano, i diversi che uniscono le forze per sopravvivere, insomma una cosa che fa molto X-Men se vogliamo tornare al parallelismo supereroistico. Infine c’è il villain, una sorta di demiurgo malvaglio che incombe sulla periferia e che trova la sua incarnazione in uno spietato uomo d’affari il cui nome non viene mai dichiarato e ha il volto di Jonny Lee Miller, il Sick Boy di Trainspotting. Lui indossa una maschera arrabbiata con il mondo intero, dietro cui si nasconde un pozzo senza fine di avidità, smania di potere e amore inestimabile per il Dio Denaro.
Ancora una volta Tim Sutton confeziona un film dall’atmosfera rarefatta e dai dialoghi scarni, ma pregno di spunti di riflessione interessanti che ci mettono faccia a faccia con la nostra realtà, costringendoci a riflettere sul mondo che ci circoda.
Genere: drammatico
Titolo originale: Funny Face
Paese, Anno: USA, 2020
Regia: Tim Sutton
Sceneggiatura: Tim Sutton
Fotografia: Lucas Gath
Interpreti: Cosmo Jarvis, Dela Meskienyar, Jeremy Bobb, Jonny Lee Miller, Victor Garber
Durata: 95'