La perseveranza. Il consiglio elargito al giovane Fabio, alter ego di Paolo Sorrentino in È stata la mano di Dio, è che per farcela bisogna perseverare. Così del resto anche la frase in esergo al film «Ho fatto quello che ho potuto. E credo di non essere andato così male». Parole del “più grande calciatore di tutti i tempi” che Sorrentino, con la stessa dose di modestia e superbia insieme, sembra mettere in bocca anche a se stesso.
Napoli anni ’80: la città sogna l’arrivo di Diego Armando Maradona, Fellini sta facendo un casting di comparse, Antonio Capuano gira un film.
Il giovane Fabio inizia a sua volta a inseguire il sogno del cinema, mentre la sua grande famiglia si fa d’improvviso più piccola: i genitori, nella casa delle vacanze a Roccaraso, muoiono entrambi per una fuga di monossido di carbonio.
Fabietto, che non era con loro per poter seguire il suo idolo, viene simbolicamente salvato da quella stessa mano che aveva spinto il pallone in rete (ai mondiali dell’anno prima Maradona segnò all’Inghilterra lo storico goal di mano).
Storia drammaticamente vera, perché È stata la mano di Dio ricostruisce quella tragica estate della vita di Paolo Sorrentino mettendo tutto in piazza, dal dolore privato alle sue più grandi passioni: Napoli, Maradona, le femmene.
Un film drammatico ma pieno di slanci, di gioia di vivere e di sensualità, dal desiderio verso la procace zia Patrizia, fino alla vecchia baronessa che gli prende la verginità per liberarlo. E pieno anche di scherzi, da quelli che ama fare la madre all’umorismo napoletano del padre: tutto il film ha un’aria giocosa, una specie di carezza che lo sottrae alle lacrime.
Del resto, si è sempre pianto poco in tutti i film di Sorrentino. Lacrime che nemmeno Fabietto riesce a versare per quei genitori che non sono morti ma lo hanno abbandonato, come gli dirà Antonio Capuano chiedendogli «Ce l’hai qualcosa da dire?».
È stata la mano di Dio è il film della vita, il più scoperto, e fatalmente non il più riuscito. C’è il solito campionario di umane caricature care al regista, che sfilano in una parata dall’inevitabile sapore felliniano: il munaciello, la madre giocoliera con le arance, la vecchia zia con la pelliccia che dice parolacce, il logorroico con il laringofono, il vicino che è rimasto bambino e gioca ancora a scalone.
Una mitologia di personaggi sorrentiniani piena di cuore ma troppo grande, anche per un regista dal talento smisurato come il suo. Pienamente riusciti la splendida sequenza di apertura, lo spassosissimo bozzetto familiare in campagna, i momenti corali di pura commedia.
Meno riuscita la parte finale un po' Nuovo Cinema Sorrentino, con la tirata di Capuano, la commozione facile facile con “Napule è” e la parata dei saluti: il monaciello che in silenzio gli dà la sua benedizione, il fratello che si raccomanda «Stai attento a tutto», zia Patrizia che gli lancia una batteria (come quella dell’apparecchio acustico lanciata in mare), metafora un po' stonata del dare voce a chi ha qualcosa da dire.
È stata la mano di Dio è puro piacere cinematografico: un film che genera nello spettatore il desiderio di rivederlo, di rivivere l’impressione di sentire in sala l’aria di Napoli, o l’odore di una casa.
È però opera più debole di altre perché evanescente anche nei suoi protagonisti, meno memorabili e, paradossalmente, meno reali di Jack Gambardella, di Geremia de’ Geremei, di Titta di Girolamo, di Tony Pagoda. Resta un film che non è il capolavoro che si vorrebbe, ma ha fatto quello che ha potuto Sorrentino, e non è andato così male.
A Venezia 78 Leone d'argento, Gran premio della giuria e Premio Marcello Mastroianni a Filippo Scotti. Candidato dall'Italia per la selezione agli Oscar 2022.
Genere: drammatico
Paese, anno: Italia, 2021
Regia: Paolo Sorrentino
Sceneggiatura: Paolo Sorrentino
Montaggio: Cristiano Travaglioli
Interpreti: Betti Pedrazzi, Biagio Manna, Ciro Capano, Enzo Decaro, Filippo Scotti, Lino Musella, Luisa Ranieri, Marlon Joubert, Massimiliano Gallo, Renato Carpentieri, Sofya Gershevich, Teresa Saponangelo, Toni Servillo
Produzione: Netflix, The Apartment
Distribuzione: Netflix
Durata: 130'