I bergmaniani avevano drizzato le antenne già quest’estate, quando il Festival di Cannes sbarcava per la prima volta Sull’isola di Bergman. Ora tocca finalmente a noi vedere la piccola Fårö, dove il grande regista svedese aveva trovato fonte di ispirazione e teatro di molti suoi capolavori, oltre che una casa e una tomba.
È in quest’angolo di paradiso che Mia Hansen-Love dirige il suo lavoro migliore, un film che è sullo spirito di un luogo più che su (piuttosto con) Ingmar Bergman.
Tony e Chris, due registi a loro volta impegnati nella scrittura della propria sceneggiatura, prendono alloggio sull’isola per trascorrervi l’estate.
Sembra essere l’uomo ad aver convinto la moglie a partire, mentre Chris è intimidita dalla troppa quiete e bellezza, e dalla “presenza” di Ingmar Bergman (quando nella sala proiezioni è seduta vicino alla sua sedia vuota, cambia posto).
Sarà però proprio Chris a trovare una profonda intimità con il regista che credeva nei fantasmi, tanto da entrare lei stessa nel film che sta ancora scrivendo: le avventure sentimentali di una ragazza che arriva a Fårö per un matrimonio, e lì rincontra il suo primo amore.
Con il personaggio di Amy (che in fondo è Chris, che a sua volta è l’autrice stessa) si ricomincia così tutto da capo, in un racconto che è anche una confessione: un film nel film, con un piglio leggero ed alleniano che prende il posto delle atmosfere alla Rohmer (ma qui anche di un certo Bertolucci), alle quali Mia Hansen-Love non è nuova.
Immediato e allo stesso tempo complesso, Sull’isola di Bergman lascia molto alla sensibilità dello spettatore (compreso quello più inesperto): non insegna nè spiega Bergman ma ne approfitta, smarrendosi nella sua profondità.
Come si smarrisce Chris cercando la casa di Come in uno specchio (per un patto non scritto con il regista, gli abitanti dell’isola non danno indicazioni ai visitatori) o incontrando un uomo più giovane (e bussola di tutto il film); e come si smarrisce Tony, beffardamente deluso dal percorso tracciato per i cineturisti dal “Bergman Safari”, e poi tagliato fuori dal gioco di matrioske degli altri personaggi.
È nelle mani della protagonista che Hansen-Love mette la lettera d’amore per il regista di “horror senza catarsi” (Sussurri e grida), di scene brutali (La fontana della vergine), di film che hanno incoraggiato divorzi (Scene da un matrimonio) e l’hanno fatta soffrire più di tutti: un litigare con Bergman e con se stessa, che finisce però per comprendere e perdonare tutto dell’uomo «tanto crudele nella vita quanto nell’arte».
Genere: commedia, drammatico
Titolo originale: Bergman Island
Paese, anno: Belgio/Francia/Germania/Messico/Svezia, 2021
Regia: Mia Hansen-Løve
Sceneggiatura: Mia Hansen-Løve
Fotografia: Denis Lenoir
Montaggio: Marion Monnier
Interpreti: Anders Danielsen Lie, Mia Wasikowska, Tim Roth, Vicky Krieps
Produzione: Arte France, Eurimages, Film Capital Stockholm Fond, Gotlands Filmfond, Mitteldeutsche Medienförderung, Sveriges Television, Swedish Film Institute, Wallimage
Distribuzione: Teodora Film
Durata: 112'
Data di uscita: 07/12/2021