Si potrebbe dire che “da un grande romanzo derivano grandi responsabilità”, ed è per questo che molto spesso, a fine visione di un adattamento, ci ritroviamo a sospirare “era meglio il libro”. Se poi se il romanzo di partenza è un’opera tanto maestosa e complessa al punto da essere giudicata infilmabile, da rappresentare uno scoglio su cui altri registi si sono infranti…allora le cose si complicano ulteriormente.
Però a volte accade un piccolo miracolo. Come l'incontro tra Peter Jackson e Il Signore degli Anelli. O tra Denis Villeneuve e Dune.
Così come l’opera di Jackson riesce a catturare la nostra attenzione grazie a un prologo perfetto, per poi non mollarci più nelle restanti 12 ore, anche con Dune capiamo, dopo una manciata di minuti, che la strada imboccata è quella giusta. Perché con tutto l’affetto per il cult di David Lynch (e le sfighe che ha subito!) non c’è paragone che tenga.
Dune è il film protagonista del primo episodio di Le Parti Noiose Tagliate, il podcast di Silenzioinsala.com che racconta storie di cinema. Per ascoltarlo clicca qui sotto, oppure cerca LPNT sulle principali piattaforme (incluso Spotify).
Basterebbero due fotogrammi a confronto per capire immediatamente la differenza tra gli adattamenti. Se Lynch offriva scenografie sfarzose e barocche oltre ogni dire, Denis Villeneuve porta invece avanti la sua idea di fantascienza minimale (pensate alle navi di Arrival o agli interni di Blade Runner 2049) in cui il design di ogni cosa - dai palazzi, alle astronavi, sino ai semplici oggetti quotidiani - è ridotto ai minimi termini. Tutto questo si sposa benissimo con il tono di Dune, con l’impronta militare della storia e con gli ambienti inospitali in cui essa si svolge.
Una diversità che si riflette anche nella narrazione. La versione 1984 era basata su voice-over e spiegoni, ripetuti una volta ogni 3 scene, che si preoccupavano (anche troppo) di chiarire ogni cosa; senza accorgersi di stare ottenendo così l’effetto contrario. Il Dune di oggi è dritto e impassibile, capace di costruirci sotto gli occhi un mondo complesso e stratificato con poche inquadrature e ancor meno parole.
Ok, ma questo Dune – Parte II com’è? A tutti gli effetti, il secondo tempo del film che abbiamo iniziato a vedere nel 2021. Visto il lavoro minuzioso che era stato svolto con il primo capitolo, Denis Villeneuve poteva sbagliare il secondo atto? Altamente improbabile.
Il regista franco-canadese conferma la sua visionarietà portando sullo schermo un mondo affascinante, denso e coeso.
Dove la prima parte si barcamenava tra vari personaggi e linee narrative (oniriche e non), per dipingere un affresco quanto più completo di questo mondo desertico, qui le cose si fanno molto più lineari.
Dopo la disfatta della casata Atreides, Paul ha raggiunto il popolo dei Fremen per aiutarli a liberarsi dall’oppressione colonialista degli Harkonnen.
Sotto la guida dei Freman, Paul si convincerà che l’antica profezia sul salvatore di Arrakis parla di lui: il ragazzo infatti sembra incarnare l’Eletto che non solo libererà il pianeta desertico dagli oppressori, ma gli spazzerà via dall’intero universo.
Se una buona parte del primo Dune era necessaria a impostare la narrazione e a settare il world building, in questo secondo atto si arriva finalmente al nocciolo della questione.
Il mood di Dune – Parte II mette da parte le lotte intestine e gli intrighi di palazzo per focalizzarsi sul classico viaggio dell’eroe, durante il quale Paul dovrà affrontare una serie di tappe fondamentali per mettersi alla prova e potersi finalmente proclamare Kwisatz Haderach.
Questa è forse anche la parte più scricchiolante del film: volendo trovare il pelo nell’uovo, è la meccanicità con cui avviene il tutto, come se fosse un resoconto di cronaca di Arrakis piuttosto che una narrazione fluida e coesa. Soprattutto nel terzo atto, con l’avvicinarsi del finale, la successione degli eventi si fa frettolosa e sbrigativa, lasciando lo spettatore in balia di una conclusione decisamente troppo asciutta e poco appagante.
Ma è davvero un’inezia, un puntiglio, sicuramente dovuto al fatto che il materiale di partenza è un romanzo enciclopedico condensato a forza in 5 ore e mezza di film. Si può dire qualcosa di simile sul già citato Il Ritorno del Re, ultimo capitolo della versione cinematografica del Signore degli Anelli, che in alcuni passaggi dà la medesima sensazione di Dune - Parte II: un accumulo di eventi che cadenzano la narrazione in modo marziale (cosa che in realtà non si avverte nella Extended Version).
Ed è probabilmente anche il motivo per cui molti (già all’uscita del primo Dune) qualcuno borbottava “Sarebbe stata meglio una serie TV tipo Trono di Spade!” : avrebbe avuto effettivamente più senso, ma in ogni caso Denis Villeneuve ha fatto un ottimo lavoro.
È difficile rimanere impassibili davanti alle proporzioni di Dune, perché è un film enorme, in tutti i sensi possibili del termine: gigantesco è per il materiale di partenza e la sfida che ha ingaggiato; sono colossali le sue ambizioni, per la durata e le proporzioni.
Siamo davanti a un film che reclama a gran voce di essere visto al cinema, sullo schermo più grande possibile: è come se Dune volesse schiacciare lo spettatore a suon di deserti sterminati, vermi alieni giganteschi e attacchi ad astronavi colossali.
Un film che riesce a vivere nel solco che separa le pellicole d’autore dai blockbuster, perché in esso vi sono racchiuse entrambe queste anime. Da una parte l’estetica impeccabile di cui abbiamo già parlato - scenografica e fotografica - e dall’altra una padronanza delle scene d’azione da cui molti (qualcuno ha detto Nolan?) dovrebbero imparare. Una scena su tutte? Il combattimento nell’arena degli Harkonnen, emblema perfetto di come queste vengano coniugate.
E poi, ovviamente, c’è grande stratificazione di temi, simbolismi e critiche; ma d’altra parte molti di questi temi già erano presenti nel libro e Villeneuve non ha fatto altro che trasporli sullo schermo. Il fatto che a 60 anni di distanza (il primo romanzo di Frank Herbert venne pubblicato nel 1965) siano più attuali che mai ci dovrebbe far riflettere e invocare il nostro Kwisatz Haderach.
Genere: fantascienza, avventura, drammatico
Paese, anno: USA/Canada, 2024
Regia: Denis Villeneuve
Interpreti: Timothée Chalamet, Zendaya, Austin Butler, Christopher Walken, Florence Pugh, Léa Seydoux, Rebecca Ferguson, Josh Brolin, Dave Bautista, Javier Bardem, Stellan Skarsgård, Charlotte Rampling, Stephen Henderson, Souheila Yacoub
Paese:USA, Canada
Sceneggiatura: Jon Spaihts, Denis Villeneuve
Fotografia: Greig Fraser
Montaggio: Joe Walker
Musiche: Hans Zimmer
Produzione: Legendary Entertainment, Warner Bros. Entertainment, Villeneuve Films
Distribuzione: Warner Bros. Pictures
Durata: 166'
Data di uscita: 28 febbraio 2024