È stato presentato in concorso al Festival del Cinema di Venezia il film più personale di Luca Guadagnino, e dopo aver superato la stagione dei premi a mani vuote, arriva nelle sale italiane.

La trama di Queer
Lee è un uomo di mezz’età dichiaratamente queer che vive in una “Interzona”, tra Città del Messico e Panama, dove è fuggito per lasciarsi alle spalle il rigido controllo americano. Passa le sue giornate tra alcol, compagni di sventure e incontri occasionali con giovani uomini sconosciuti finché non conosce Gene, il più pulito dei personaggi, bello, scostante e dall’identità sessuale non dichiarata.

Il protagonista se ne innamora follemente e inizia un corteggiamento spietato, spesso non apprezzato e bruscamente allontanato dal ragazzo.
Continua così finché Lee non decide di rendere concreta la sua ossessione e scendere in America Latina alla ricerca dello Yage, l’ayahuasca, che crede in grado di generare poteri telepatici, e chiede a Gene di accompagnarlo in cambio di denaro. Il giovane accetta e insieme partono per un viaggio che connoterà definitivamente il loro rapporto.
Dal romanzo di William S. Burroughs
La storia è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di William S. Burroughs, ne mantiene la divisione in capitoli e ne denota le intenzioni. La prima parte è una storia d’amore degna del regista: oscura, disarmonica e sofferente, sporca e goffa, la seconda metà del film si concentra sul viaggio alla ricerca dell’oggetto della sua ossessione, diventando così il racconto allucinogeno e tetro della dipendenza, sia affettiva che dalla sostanza stessa.

A incorniciare il tutto i titoli di testa e l’epilogo, il primo espone come in un museo gli oggetti che simboleggiano la storia e la vita dello scrittore, il secondo è una vera e propria fusione tra i personaggi del libro e il tragico accadimento che ispirò Burroughs.
In tutto questo c’è molto di più, c’è Guadagnino, il suo corpo, il suo sguardo e la sua sensibilità. Il protagonista viene deformato non per essere adattato al mezzo cinematografico, ma perché aderisca alla personale storia del regista, in una costruzione che lascia spazio al mistero e alla metafora, come il libro avrebbe richiesto. È questo che rende così interessante l’opera: la sua metanarratività, non solo nella corrispondenza all’autore, ma in tutta una serie di elementi che la impreziosiscono.


Queer, tra ambientazioni e musica è un film indimenticabile
Le musiche di Trent Reznor e Atticus Ross, tratto distintivo dei film di Guadagnino, alternano pezzi famosissimi come “Come as you are” dei Nirvana e “Puzzle” dei Verdena, a brani originali che plasmano un immaginario perduto e fermo nel tempo, un ricordo lontano di un cinema irripetibile trasportato da un oboe armonioso.
A rimanere veramente impresse, però, sono le ambientazioni, monumentali pareti di cartone costruite a Cinecittà che ricordano La finestra sul cortile di Hitchcock ma in chiave esotica, per non parlare del dolce omaggio all’Italia con la scena in una serra dell’Orto Botanico di Palermo. La parte girata nella foresta, invece, ricorda una giungla psichedelica come quella del film “Disco Boy” di Giacomo Abbruzzese, comune immaginario di artisti fuggiti lontano, dove corpi nudi e gocciolanti si muovono in una danza potente.
L'interpretazione di Daniel Craig
Forse questo non è il miglior film di Guadagnino, ma una cosa è certa: questa è la migliore performance di Daniel Craig. L’attore inglese ha un duplice se non un triplice ruolo, e perciò una tripla difficoltà, per rappresentare al meglio il protagonista del romanzo, lo scrittore e lo spirito del regista. La prova è stata abbondantemente superata e Craig ci fa sognare, con i suoi occhi intensi e tremanti e le sue movenze imbarazzanti ma mai grottesche. È un’anima con cui ti identifichi perché palese è la sua fragilità, che è in ogni cosa che tocca, nel suo kit per l’eroina, nel suo completo di lino bianco stropicciato, nel paesaggio fuori dalla sua finestra, persino sulla pelle del suo innamorato. È un personaggio imperfetto ma non del tutto rotto, che grazie ai sorrisi e al sudore dell’attore, risulta indimenticabile.

Il film del regista di Chiamami col tuo nome ha un’incredibile componente tattile, dalle mani in soggettiva di Lee che esplorano lo spazio in una sequenza onirica, al dorso del suo palmo che segue da lontano il contorno del corpo di Gene come fosse di vetro. Sono corpi sessuali che prorompono sullo schermo per affermare la propria identità e raccontano un’amore sincero nella sua mancanza di censure, e sono corpi armonici, che ballano una coreografia perfetta al ritmo di una droga selvaggia illuminati da un fuoco acceso mentre si fondono l’uno nell’altro. Ma soprattutto sono corpi immaginati e impauriti dallo sfiorarsi perché: “Io non sono così: sono disincarnato”.

Genere: drammatico, sentimentale
Titolo originale: Queer
Paese, anno: Italia/USA, 2024
Regia: Luca Guadagnino
Sceneggiatura: Justin Kuritzkes
Fotografia: Sayombhu Mukdeeprom
Montaggio: Marco Costa
Interpreti: Andra Ursuta, Daniel Craig, David Lowery, Drew Starkey, Jason Schwartzman, Lesley Manville, Lisandro Alonso, Michael Borremans
Colonna sonora: Atticus Ross, Trent Reznor
Produzione: Fremantle Media Company, Frenesy Film Company, The Apartment
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 135'
Data di uscita: 17/04/2025