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Lucy

17/09/2014 11:00

Martina Calcabrini

Recensione Film,

Lucy

Dopo essersi guadagnato la fama come creatore di un nuovo modello di femminilità grazie a pellicole come Nikita, Giovanna d'Arco e Adéle, il regista Luc Besson

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Dopo essersi guadagnato la fama come creatore di un nuovo modello di femminilità grazie a pellicole come Nikita, Giovanna d'Arco e Adéle, il regista Luc Besson torna al cinema per firmare Lucy, un adrenalinico fanta-action che, attraverso la mastodontica performance di Scarlett Johansson, invita gli spettatori a riflettere sulle infinite potenzialitá del genere umano.


Tapei, giorni nostri. Mentre si guadagna da vivere con lavoretti part time, la giovane Lucy (Scarlett Johansson) incontra Richard (Pilou Asbæk) e inizia ad uscire con lui. Una mattina, costretta dal ragazzo a consegnare una valigetta a un uomo misterioso, rimane intrappolata in una spirale di mafia, droga e traffici illeciti da cui acquista forza e vigore. Ingerendo grandi quantitá di sostanze stupefacenti unite alla Cph4, Lucy riceve un potere immenso e riesce a sfruttare il 100% delle sue capacitá cognitive. Prima che sia troppo tardi, si rivolge al professor Samuel Norman (Morgan Freeman) affinchè, conoscendo la sua storia, possa completare i suoi studi evoluzionistici e trasmetterli alla società.


Nel lontano 1990 Besson, realizzando Nikita, cambiò il modo di intendere la donna sul grande schermo: non più aulica, candida e pura ma mascolina, atletica e forte. Capaci di contrastare gli uomini non soltanto con un'intelligenza acuta ma anche ricorrendo all'arte del combattimento, le donne bessoniane tengono alto lo stendardo del loro gender e rispondono ai soprusi a testa alta, sicure della propria identità. La loro sensualitá non si basa più su movimenti sinuosi e provocatori ma su una forza esteriore quanto interiore, un vigore combattivo, animale e quasi selvaggio. I loro corpi, non piú androgeni nè filiformi, si riempiono allora di morbide curve, di addominali scolpiti e di gambe toniche e muscolose. Le nuove eroine combattono per la propria affermazione, si ritagliano il loro posto nel mondo e si guadagnano il rispetto che meritano. Forti nell'anima tanto quanto nel fisico sono disposte persino a sacrificare sè stesse per riuscire nella loro missione, senza più sentimentalismi e patetismi vari. Lucy rappresenta dunque l'ultimo tassello evoluzionistico di una femminilità prorompente: caparbia e risoluta, infatti, si rivela l'upgrade di Nikita, assorbendo l'intraprendenza rivoluzionaria di Giovanna d'Arco e travalicando la sensualità provocante di Adéle. Capace di sfruttare al massimo le sue cellule celebrali, la donna prende dunque possesso di qualsiasi corpo animato e inanimato, domina la materia e permea tutti gli ambienti, oltrepassando i confini dell'umana conoscenza per divenire leggenda. Costruendo una sceneggiatura abile a sacrificare razionalità e realtà in favore di un'illogicità innocua e mansueta, Besson incentra l'azione esclusivamente sulla protagonista, ne sposa il punto di vista, ne condivide le emozioni e la assiste in ogni momento della sua esperienza ultrasensoriale. Catapultando gli spettarori in un universo centripeto e intrigante, il regista li intrappola in una rete molto sottile in cui il confine tra ammirazione e devastazione è talmente labile che tende a divenire inesistente.


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