La parola "capolavoro", specie negli ultimi anni, è spesso abusata anche per film che - pur ottimi - non meriterebbero tale onore. Ciò nonostante, questo termine si riempie di nuovo significato quando a essere riproposti al botteghino sono i Capolavori storici, quelli con la C maiuscola, che hanno segnato indelebilmente la Storia del Cinema. Grazie alla lodevole iniziativa della Cineteca di Bologna - sempre prodiga nel recupero di classici immortali - torna nelle sale il masterpiece di Francois Truffaut, nonché suo fenomenale esordio dietro la macchina da presa dopo (e contemporaneamente) la fondamentale carriera da critico: I 400 colpi, pellicola che ha segnato per sempre generazioni di cinefili in ogni angolo del globo. Questa magnifica opera prima stabilisce l'inizio della collaborazione dell'autore francese con il suo alter-ego/feticcio Jean-Pierre Léaud (ai tempi delle riprese, appena quattordicenne) nei panni del personaggio ricorrente - ritornerà in altri tre film e in un corto - Antoine Doinel. Il dodicenne Antoine (Jean-Pierre Léaud) è un ragazzino vivace che vive insieme ai genitori in una situazione familiare distastrosa: la madre, che lo tratta spesso in modo brusco, tradisce il marito con un altro uomo, mentre il padre è alla ricerca di un posto di lavoro migliore. Il piccolo è costretto a dormire in un buco angusto e della situazione casalinga risente il suo comportamento a scuola. Dopo aver scoperto il tradimento della madre, la condotta di Antoine peggiora inesorabilmente fino a inventarsi la morte della donna per trovare giustificazione a una sua assenza scolastica e a fuggire di casa. Quando nessun metodo educativo sembra fare effetto su di lui, i genitori sono costretti a metterlo in un riformatorio. Un film sul Cinema e un film sull'infanzia in un registro umanistico di rara abilità . I 400 colpi è un viaggio nella turbolente adolescenza di Antoine, entità libera in un mondo di costrizioni sociali e - punto cruciale - familiari che tarpano le ali di un bambino in procinto di diventare uomo. Inizialmente pensato come un corto e ben presto evolutosi in un'opera più ampia, la pellicola vede il regista riversarvi influenze autobiografiche che rendono il racconto più vero e profondo, con una parte fondamentale riservata al significato dell'amicizia e alla voglia di guardare il mondo con occhi ancora ingenui e pronti alla meraviglia. Tra i titoli apripista della Nouvelle Vague francese, questo racconto di formazione ha come co-protagonista assoluta Parigi: splendidamente rappresentata nei suoi scorci più suggestivi e nella semplice quotidianità , il regista trasporta lo spettatore nelle intimità del popolo transalpino dosando le diverse umanità con tocchi acuti e taglienti. Tenero e poetico nel senso più vivo del termine, con un occhio filmico che guarda a un certo (neo)realismo impregnato di citazioni cinefile, I 400 colpi trascina verso un finale apparentemente disilluso, ma in realtà ancora pregno di malinconica speranza, che trova la sua espressione massima nella corsa finale (vera e propria pagina immortale della Settima Arte) di Antoine verso il mare, simbolo di una ricerca interiore ancora in divenire.