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Via da Las Vegas

30/03/2010 11:00

Lorenzo Morganti

Recensione Film,

Via da Las Vegas

Uscito nel 1994 e diretto da Mike Kiggis Via da Las Vegas è un film che parla dell’autodistruzione di un uomo...

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Uscito nel 1994 e diretto da Mike Kiggis Via da Las Vegas è un film che parla dell’autodistruzione di un uomo. Adattato allo schermo dallo stesso regista, il film è tratto dall'omonimo libro Leaving Las Vegas scritto da John O’Brien, suicidatosi un anno prima della realizzazione del film.


Nicolas Case è Ben Sanderson, un uomo che perde tutto quello che ha e si butta a capofitto nell’alcool, diventandone totalmente dipendente. Senza una via di uscita decide di lasciare la sua casa e di andare a Las Vegas, luogo della perdizione, del gioco e del peccato. Qui incontra per strada Sara, una prostituta, con la quale nasce un rapporto di complicità ed affetto che presto si trasformerà in amore. Ma l’amore dovrà fare i conti sia con le bottiglie di Ben che con i clienti di Sara.


Figgis traccia uno scenario probabilmente comune a molte persone che quotidianamente si devono confrontare con momenti di sconforto e smarrimento, sentimenti che possono essere identificati nella solitudine, nella depressione o nella perdita di autostima. Nel caso del protagonista del film, questi fattori vengono ‘curati’ con l’assunzione in dosi esagerate di alcool. Ben non ha amici, Ben non conosce l’amore, Ben non ha più un lavoro, Ben non ha un futuro, ma Ben ha le sue bottiglie che lo accompagneranno fino alla fine. L’incontro con Sara porta il film su un binario parallelo: se da una parte assistiamo alla disintegrazione graduale dell’uomo, dall’altra entriamo nella vita di Sara che vede nell’alcolismo di Ben un segnale, un valido motivo di esistere. Lei che lavora per rendere felice gli altri con il suo corpo si trova nella situazione di poter e dover aiutare una persona, non da prostituta ma da donna.


Premiato con l’Oscar come miglior protagonista, Nicolas Cage è perfettamente calato nel ruolo: le sue movenze, la sua espressività sono assolutamente funzionali al racconto, così come lo sguardo costantemente perso nel vuoto, come a scrutare un qualcosa che c’è e che lui vede ma la cui visione risulta preclusa al mondo esterno. Sara, costantemente vestita in modo succinto, è interpretata da una provocante quanto sensuale Elizabet Shue. Scritto senza fronzoli, Via da Las Vegas non vuole piacere, vuole invece annichilire la visione dello spettatore. Non ci sono false speranze nella narrazione di Figgis e lo dimostra ogni volta che Ben, sempre più distrutto, prende la bottiglia in mano e l’avvicina inevitabilmente alle labbra. Il suo personaggio è uno scarto della società ed il regista non fa niente per nasconderlo. Anzi sovente va a ricercare gli occhi e lo sguardo spaesato di Cage, per ricordarci della sua misera esistenza. Dipinge i due protagonisti come due fantasmi: lei un entità notturna che vaga alla ricerca di clienti che non hanno il minimo interesse a guardarla negli occhi, lui un uomo isolato dal resto mondo. Sono entrambi succubi di loro stessi, entrambi devoti a problemi che li portano ad incontrarsi, ad amarsi e ad annientarsi a vicenda.


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