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Shin Godzilla

30/06/2017 10:00

Marco Filipazzi

Recensione Film, Godzilla,

Shin Godzilla

Il Re dei Mostri è tornato in patria

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Il Re è tornato! Lunga vita al Re! Perché Godzilla è, a tutti gli effetti, il Re dei Mostri, icona indiscussa della cultura pop-contemporanea a livello mondiale, con un curriculum impressionante alle spalle che rimarca a gran voce questo suo status-symbol. Dalla prima apparizione sullo schermo nel 1954 a oggi annovera 31 lungometraggi, a cui vanno aggiunti una quantità imprecisata di videogiochi, libri, fumetti, comparsate televisive di varia natura; persino un hotel a tema in centro a Tokyo e una statua commemorativa, valicando i confini del Giappone sino ad approdare negli USA con due remake dagli esiti altalenanti.


Il merito di aver rivitalizzato questo tipo di cinema, quello dei kaiju-movies, negli ultimi anni è principalmente di Hollywood, grazie a Pacific Rim prima e al film di Gareth Edwards dopo. E i giapponesi, inventori di questo genere catastrofico, non sono stati sull’uscio a guardare, ma hanno preso la loro creatura più famosa e le hanno donato nuova linfa. La trama è quanto più di classico si possa immaginare riferita a un film di Godzilla: in seguito a un maremoto un’antica creatura si risveglia, iniziando a seminare panico e distruzione in Giappone mentre il governo si interroga perdendosi in lunghe discussioni burocratiche. Shin Gojira - traducibile come "unico, vero Godzilla" – è sin dal titolo una rivendicazione di appartenenza in cui lo studio Toho, detentore dei diritti del franchise, manifesta la volontà di azzerare il lavoro fatto negli ultimi 60 anni.


Un vero e proprio reboot della saga, che reimposta l’intera mitologia del lucertolone radioattivo, nato come impersonificazione dell’incubo atomico di Hiroshima e Nagasaki, riconducendolo al terremoto del 2011 e al disastro della centrale nucleare di Fukushima che già riecheggiava nel film di Gareth Edwards. Il design del nuovo Shin Godzilla – il più colossale mai apparso sullo schermo dall’alto dei suoi 118 metri - ne riflette questa natura, donandogli un aspetto più che mai alieno e a tratti quasi biomeccanico. In particolar modo nel primo atto, si indugia sul concetto di mutazione: per la prima volta infatti Godzilla non si presenta allo spettatore già nella sua forma definitiva, ma subisce una sorta di evoluzione, da mostro marino simile a un girino gigante, a lucertola bipide.


La regia è affidata a Shinji Higuchi (artefice dell’adattamento live-action di Attack on Titan) e Hideaki Anno, già creatore di un altro fenomeno culturale che risponde al titolo di Neo Geneis Evangelion. Per chi non lo sapesse, Evangelion è una rilettura in chiave post-moderna e filosofica dell’eterna lotta tra robot e kaiju, che fonde suggestioni bibliche e cultura giapponese, restituendo uno degli anime più seminali dell’ultimo ventennio. E Hideaki Anno parte proprio da qui per costruire il suo Shin Godzilla, infarcendolo di suggestioni e citazioni pescate a piene mani proprio dalla sua opera più famosa e condendo il tutto con una critica al governo giapponese e alla sua incapacità di fronteggiare reali emergenze. Una satira interessante, che però rappresenta anche il vero limite del film: è talmente concentrata sulla critica sociale – che comunque da sempre contraddistingue questo genere - da trascurare il puro intrattenimento e far passare in secondo piano le scene più spettacolari di distruzione delle città. Una nota a margine: sarebbe interessante (e forse meno utopico rispetto a qualche anno fa) vedere un kaiju-movie con questo sottotesto di critica ambientato nel nostro paese. Un sogno che forse, grazie alla risorgimento del cinema di genere degli ultimi anni, possiamo sperare che si concretizzi.


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