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Neve nera

02/11/2017 12:00

Alessia Bertolino

Recensione Film,

Neve nera

Una neve nera, macchiata dal lutto

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In seguito alla morte del padre, Marcos (Leonardo Sbaraglia), Salvador (Ricardo Darin) e Sabrina (Dolores Fonzi), ereditano una vasta proprietà nella gelida Patagonia. Un’importante impresa petrolifera è interessata ad acquistare il terreno e Marcos, insieme alla moglie incinta Laura (Laia Costa), è intenzionato, più che a venderlo, a scrollarselo di dosso come fosse un insetto fastidioso. Incontrerà l’opposizione della sorella, seppur mentalmente instabile, e del burbero Salvador, una sorta di uomo delle caverne stabilitosi da anni proprio su quel terreno, candido teatro della tragica morte dell’altro fratello, il più piccolo, Juan. L’incalcolata - e non voluta - riunione di famiglia sviscererà ricordi e colpe indicibili rivelando - forse troppo chiaramente - la natura di ogni personaggio.


La regia di Martin Hodara in Neve Nera è fluida, ma la fotografia cupa, plumbea. La macchina da presa agisce con passo felpato, senza tremolii o scatti improvvisi nonostante i frequenti salti temporali dati dai flashback; a un montaggio articolato è preferita una regia di ampio respiro, con sequenze abitate da pause e lunghi silenzi squarciati dalle sole grida del vento. La musica non dà segni di commento, anzi risulta di accompagnamento acritico e semplicemente rafforza il senso della visione. Non mancano scambi fra plongee e contre-plongee di riuscito intento drammatico; qualche vaga citazione della “luccicanza” di Stanley Kubrick è mostrata in certi inseguimenti aerei dell’auto sui sentieri innevati e nella dimensione di isolamento amplificata dal bianco puro e accecante della neve.


Nel film di Martin Hodara la neve è nera perché macchiata dal lutto; è spettatrice e sede di atti efferati. Solo la neve sa chi è Caino e chi Abele nella contorta logica drammaturgica nella quale il cattivo non è cattivo e il buono non è buono. E tuttavia la destrezza con cui il sospetto e il dubbio sono stati tenuti alti, alla fine, perdono la loro forza. Lo spettatore percepisce il loro sgretolamento: (troppa) luce è stata fatta su quell’alone di mistero che aveva avvolto l’intera produzione e che era stato il perno su cui tutto ruotava.


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