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Tess

09/01/2018 12:00

Angelica Tosoni

Recensione Film,

Tess

A distanza di quasi trent’anni, Tess emoziona ancora

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Tess, la maggiore di un nugolo di figli, è una giovane contadina della campagna inglese. La famiglia d’origine, costretta a sopravvivere come meglio può, scopre di appartenere alla nobile casata dei D'Urberville: in seguito a questa rivelazione la ragazza viene mandata a cercar fortuna dai parenti ricchi; conosciuto il cugino Alec, ne subisce gli abusi e resta incinta, ma perderà il figlioletto che muore dopo essere stato battezzato dalla madre. In cerca di lavoro, Tess s'imbatte in Angel Clare, figlio di un pastore. I due si innamorano e si sposano: ma la ragazza, decisa a confessare tutta la verità, durante la prima notte di nozze rivela al marito i suoi infelici precedenti. Angel, inorridito dal passato della moglie, l’abbandona e si trasferisce in Brasile, per poi pentirsi e tornare da lei, che ormai vive con Alec. Decisa a non perdere Angel, Tess ucciderà Alec.


Tess di Roman Polanski - tratto dal romanzo di Thomas Hardy (1891), e vincitore di 3 Premi Oscar (fotografia, costumi e scenografia) - è un film che a distanza di quasi trent’anni dalla sua realizzazione non può lasciare indifferenti. Sebbene l’antieroina emozioni per la passione e l’innocenza che la animano, non è questo l’aspetto più fascinoso della trasposizione: le caratteristiche della protagonista, infatti, sono già interamente delineate nel romanzo. Impressiona, invece, come Polanski riesca a rendere perfettamente la natura del Dorset tanto caro all'autore del romanzo, e la forza del film risiede non soltanto in personaggi che paiono quasi fatalmente “determinati”, ma soprattutto in un'ambientazione - la campagna inglese - che appare lo specchio della vita dell’uomo. Il lieto fine non è ammesso per Thomas Hardy, e Tess non sfugge a questa legge verso la quale, anzi, pare correre incontro.


Nastassja Kinski, bellissima e acerba, dà volto e corpo a un personaggio che precipita nell’ineluttabilità del destino. Il viso dell'interprete non mostra le tracce delle tribolazioni che subisce la protagonista, forse perché la giovane Tess è la personificazione della natura in cui vive, non è mai altro da sè stessa. Il personaggio non è sofisticato, ma “naturale”, appunto. Nessuno degli attori spicca per la propria interpretazione, e in effetti il film funziona proprio per la tragicità dell’insieme, per il clima infelice e per le colpe commesse, a cui nessuno sfugge, neppure il figlio di Tess (nessuno dei protagonisti del film, effettivamente, conclude un'esistenza felice). Sulle piccole esistenze umane, spicca la natura meravigliosa e ostile che accompagna le loro vite: il sole primaverile si affianca al freddo, al fango, al gelo notturno che non lascia scampo. Roman Polanski, attento ai dettagli e alle sfumature, indugia sui personaggi, anche i meno significativi, innamorandosene, perché tutti hanno una ragion d’essere. Nonostante le vicende raccontate, nessuno è davvero colpevole, sebbene tutti lo siano in quanto esseri umani con un destino. Bellissima la fotografia, straordinarie le luci pittoriche, i grigi invernali e le ombre notturne. Una curiosità: Roman Polanski dedicò Tess alla sfortunata moglie Sharon Tate, che morì tragicamente dieci anni prima dell'uscita del film.


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