Una donna è seduta su un letto dove dormono due bambini, in sottofondo il loro russare mentre lei si pettina e guarda nel vuoto: un'unica sequenza di cinque minuti, che potrebbe spiazzare lo spettatore impreparato all'universo di Tsai Ming-liang ma dal quale non uscirà più, se disposto ad accettare le dinamiche del suo funzionamento.

Una coppia cerca di sopravvivere come riesce, lui lavorando per strada, lei accudendo i figli e quei cani randagi del titolo, che popolano le rovine dell'edificio fatiscente dove la coppia ha improvvisato una casa. Due individui che si muovono in un ambiente partecipe del loro umore, sia esso una spiaggia deserta, un supermercato affollato o ancor di più una casa “malata”.
Ancora una volta fedele alla sua personale visione del cinema, il regista taiwanese gira un'altra pellicola che definire lenta sarebbe semplicemente riduttivo: Stray dogs è un film fermo, pressoché immobile come le figure umane che abitano la scena; non si assiste a nessuno spettacolo, non accade apparentemente nulla, non c'è alcun interesse a raccontare lo straordinario dell'esistenza.
Eppure Tsai Ming-liang costringe lo spettatore a empatizzare con il film oltre l'immaginabile: ci si annoia insieme all'uomo con il cartello in mano sotto la pioggia, lo si compatisce quando piange una splendida preghiera, che è quasi l'unico momento parlato; le altre poche battute sono attinenti al quotidiano, all'ordinario, appunto. Ma sono proprio questi dettagli, apparentemente futili, a rivelare la profonda sostanza del film. Un uomo che mangia alla fermata dell'autobus, i bambini che si lavano in un bagno pubblico, una donna che fa la pipì sotto un portico: è il corpo, con le sue necessità, ad avere un ruolo decisivo nella filmografia del regista; e non fa nessuna differenza se impegnato a mangiare, a lavarsi, a dormire oppure a piangere o a fare sesso. Il corpo e i suoi rumori, dai quali si acquisisce consapevolezza come in un esame clinico: russare, sospirare, tossire, piangere, masticare, i suoni diventano elemento chiave in un film insieme filosofico e fisiologico che, proprio perchè sostanzialmente muto, è indispensabile ascoltare. Come quando il protagonista distrugge, mangiandolo, il cavolo che i figli avevano trasformato in una bambola, per poi abbandonarsi ad un pianto incontenibile: scena che contiene tutto il genio straziante del cinema di Tsai Ming-liang, da Il gusto dell'anguria a Vive l'amour.

E quando protagonista non è il rumore del corpo, lo diventa quello dell'ambiente: nel costante brusio di fondo della città, oppure nei suoni dell'acqua, come la pioggia che finisce per cadere anche dentro l'edificio in rovina: «La casa ha iniziato a piangere per l'acqua che entrava» - dice la mamma per addormentare le figlie con la sua favola del muro malato – «Una casa è come una persona: si ammala e invecchia».
Oltre che da ascoltare, Stray dogs è un film da contemplare, senza limitarsi a guardarlo: proprio come si fa con un'opera d'arte, di fronte alla quale ci si ferma tutto il tempo che occorre, perchè l'opera non cambia ma a cambiare siamo noi che guardiamo.
Le due ore del film sembrano paradossalmente “volare” perche Tsai Ming-liang, senza voler intrattenere nessuno, ha talmente dilatato il tempo da farcene perdere il senso, oltre che la cognizione. Eccoci così davanti all'ultima sequenza di venti minuti, dove la protagonista contempla immobile un’immagine dipinta sulla parete: una sequenza che da interminabile diventa eterna (come in Vive l'amour). Tsai Ming-liang “squartatore misericordioso”, torna a stanare nell'intimo l'umano e la sua solitudine, addentrandosi in un immaginario quasi dantesco (la barca che traghetta la donna e i bambini, la “selva”da attraversare per raggiungere un riparo, i cani randagi) con un film che sta al pari dei suoi altri capolavori.

Genere: drammatico
Titolo originale: Jiao you
Paese/Anno: Francia/Taiwan, 2013
Regia: Tsai Ming-liang
Sceneggiatura: Song Peng Fei, Tsai Ming-liang, Tung Chen Yu
Fotografia: Liao Pen-jung, Wen Zhong Sung
Montaggio: Lei Chen-Ching
Interpreti: Chen Shiang-Chyi, Lee Kang-sheng, Lu Yi-Ching, Yi-cheng Lee, Yi-chieh Lee
Produzione: Homegreen Films, JBA Production
Durata: 138'