Nanni Moretti è un chapliniano, un poeta, un collezionista di ricordi e sogni. Ma soprattutto è quello che non siamo stati e che invece avremmo voluto essere.
Caro Diario è forse il più amato e riuscito tra i film di Nanni Moretti, capace di creare immagini indelebilmente impresse nell'immaginario collettivo, come quella del protagonista in vespa bianca in giro per una Roma afosa e sfasata.
Ma torniamo indietro nel tempo: a distanza di quattro anni da Palombella Rossa, uscito due mesi prima del crollo del muro di Berlino, arriva nelle sale Caro Diario. Siamo in pieno agosto.
Nanni Moretti, nei panni di se stesso, nella prima parte del film (che è diviso in 3 capitoli diversamente intitolati) passeggia in vespa per le strade semi deserte della città, dando vita a un'immagine mai più dimenticata.

Cosa propongono le sale cinematografiche nel pieno dell'estate? Film minimalisti di sinistra contrapposti ad horror grondanti sangue e violenza. Dopo la sofferta visione di Henry Pioggia di Sangue, il protagonista, con la consueta ironia, si rivolge a un critico immaginario (lo scomparso regista regista Carlo Mazzacurati) che ha tessuto le lodi del film attraverso un linguaggio aulico e criptico e ora se ne pente amaramente. L'apparizione improbabile dell'attrice Jennifer Beals, incursioni in una balera e la visita all'idroscalo nel quale è stato ucciso Pier Paolo Pasolini, imprimono a questo episodio un'atmosfera sognante e nostalgica.
Nella seconda parte, chiamata Isole, il nostro eroe è alle prese con un amico che detesta la televisione. Dopo un lungo e quieto girovagare per le isole Eolie, nelle quali ci si imbatte in situazioni e persone che rimandano ai programmi televisivi - in particolare alle soap opera - l'uomo, tra lo sconcerto di Nanni, cambia idea e fugge verso il caos del continente, ormai diventato dipendente dal tubo catodico.
L'ultima parte, Medici, vede Moretti colpito da una malattia della pelle per la quale riceve le diagnosi e le cure più svariate, inevitabilmente fallaci. La vicenda è reale e autobiografica. La sua malattia è però descritta con molta semplicità in un'enciclopedia medica. I medici sembrano tutti più bravi a parlare che ad ascoltare. Un bel bicchiere d'acqua bevuto a digiuno di prima mattina lava via, con semplicità, tutti gli elementi inquinanti e caotici di una società che non riesce più a vedere l'ovvio e il ragionevole.

Il montaggio di Caro Diario, a opera di Mirco Garrone, la felice scelta delle canzoni Batonga di Angélique Kidjo, Didi di Khaled, e le belle musiche di Nicola Piovani contribuiscono decisamente a fare di questo film un cult del nostro cinema. Caro Diario, con tutto il suo carico di sfasata dolcezza e disincanto, è stato premiato per la Miglior Regia al Festival di Cannes; ha vinto anche un premio ai Nastri d'Argento e due David di Donatello.
Caro Diario non teme il passare del tempo.
Il suo protagonista, immerso in situazioni e viaggi surreali, che amplificano la realtà mostrandola in tutte le sue contraddizioni, è un po' una figura chapliniana, un poeta, un collezionista di ricordi e sogni. Ma soprattutto è quello che non siamo stati e che invece avremmo voluto essere.