Non è un nome particolarmente noto qui in Italia quello di Sergej Dovlatov, scrittore russo al quale è dedicato quest'ultimo lavoro del suo connazionale Alexey German JR, regista già apparso ai festival più importanti, compresi Venezia e Berlino. Pubblicato già da diversi anni dall'editore Sellerio, Dovlatov si può a ben diritto considerare un outsider della letteratura russa: autore di romanzi controcorrente amati moltissimo in patria, nonostante la censura degli inizi, scrisse con umorismo tutto russo di una terra che continuava a osteggiare o omologare i suoi artisti.
Sono gli anni '70, che sembrano periodo ormai distante tanto dalla nostra contemporaneità quanto dal secolo che lo aveva preceduto. Eppure c'è un'eternità nell'anima sovietica che fa sembrare i nomi di Puskin, Tolstoj, Dostoevskij e Nabokov, Brodskij e appunto Dovlatov tutti quanti fratelli.
Nomi che sono tutti nel film, insieme a quello spirito che li accomunava e che li costringeva a fare i conti con la propria origine: la madre Russia, dalla quale si era spesso costretti a scappare per essere liberi ma dalla quale si restava marchiati per sempre.
Sei giorni nella vita di Dovlatov che, tra piccoli incarichi ai giornali e grandi speranze letterarie, preparerà la valigia per l'America di Nabokov e dell'amico Brodskij.
C'è nel film anche la incredibile luce di Leningrado, sotto la quale i suoi giovani talenti fanno a pugni, bevono forte, declamano poesie; eppure tutta questa vitalità il film la comprime, questo materiale umano dalle enormi potenzialità risulta fin troppo sotto controllo. Non si può dire sbagliato il carattere del suo protagonista e a suo modo Milan Maric, che ricorda un po' il Delon di La prima notte di quiete, dà al suo personaggio un'immagine piuttosto verosimile. Ma è un Dovlatov che sembra un po' troppo passivo e vigilato e così tutto il film, che non fa errori ma non ha neanche veri slanci. Una regia con un controllo e un distacco che sono da grande maestro: Alexey German sembra stare tra Stanley Kubrick e Pablo Larraín senza volerli imitare, ma anche senza averne la personalità e la statura.
Dovlatov – I libri invisibili (parafrasando il titolo d'esordio dello scrittore, che è “il libro del film”) è un'opera che ha il grande merito di riportare in vi(s)ta un nome che si spera possa diventare un altro caso Limonov. Dichiara il regista: «Ho cominciato a Leggere Dovlatov a 26 anni e già da allora ho cominciato a maturare l'idea di realizzare un film su di lui». Un lavoro dettato dal cuore dove prevale la testa, con un autocontrollo che purga un po' troppo le emozioni, comprese quelle dello spettatore, costretto più volte a non mollare durante le due ore del film.
Genere: biopic, drammatico
Titolo originale: Dovlatov
Paese/Anno: Polonia, Russia, Serbia, 2018
Regia: Aleksei German Jr.
Sceneggiatura: Aleksei German Jr., Tupikina
Fotografia: Lukasz Zal
Montaggio: Daria Gladysheva, Sergei Ivanov
Interpreti: Anton Shagin, Artur Beschastnij, Danil Kozlovsky, Elena Lyadova, Eva Gerr, Hanna Sleszynska, Helena Sujecka, Milan Maric, Piotr Gasowski, Svetlana Khodchenkova
Produzione: Art&Popcorn, Channel One, Lenfilm, Message Film, Metrafilms, SAGa
Distribuzione: Satine Film
Durata: 126'