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Freaks Out: 5 motivi davvero, davvero buoni per vedere il film di Gabriele Mainetti

01/11/2021 18:37

Chiara Maria D'Angelo

Classifiche Film, Film Fantasy, Film Italia, Gabriele Mainetti, Nicola Guaglianone,

Freaks Out: 5 motivi davvero, davvero buoni per vedere il film di Gabriele Mainetti

Preparatevi a essere stupiti, perché Freaks Out è un film unico (non solo) per il cinema italiano

Preparatevi a essere stupiti, perché Freaks Out è un film unico (non solo) nel cinema italiano. Vi servono ancora motivi per andare al cinema a vederlo? Partiamo dall’inizio. 

Preparatevi ad essere stupiti, perché Freaks Out è un film distante anni luce dalla solita manifattura italiana. È semplicemente un bellissimo e graduale viaggio verso il wow finale. Il film, uscito il 28 ottobre, sta ottenendo un immenso successo di pubblico e critica. Vi servono ancora motivi per andare al cinema a vederlo? Partiamo dall’inizio.

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1) Israel, da dove tutto inizia

Prima scena. Come in tutti i circhi che si rispettino il capo circense mostra agli spettatori le meraviglie che li cattureranno. Un’anticipazione da metacinema. Israel, interpretato da Giorgio Tirabassi, è figlio di illustri predecessori: Clopin Trouillefou, ideato da Victor Hugo ne Il Gobbo di Notre Dame e portato al cinema da Kirke Wise e Gary Trusdale; il Vecchio Uomo, interpretato da Pete Postlethwaite nel film di Henry Selick James e la Pesca Gigante, tratto da Roald Dahl.

 

Israel presenta il mondo magico di cui è rappresentante. Il suo ruolo prescinde dalla sua funzione nell’intreccio, seppur la causa dell’avvio di tutta la vicenda filmica dipende dalla sua scomparsa. È il battito di mani per chi crede nella magia, è la speranza che si concretizza nell’andare oltre ciò che si vive. È il filo di Arianna che permette a ognuno di noi di creare alternative e di cambiare il nostro futuro. 

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«Non abbiamo bisogno della magia per cambiare il mondo: abbiamo già dentro di noi tutto il potere di cui abbiamo bisogno, abbiamo il potere di immaginare le cose migliori di quelle che sono». J.K. Rowling

 

Israel è la stanza che racchiude il significato ultimo di questa opera cinematografica, l’estetica e il pensiero del regista Gabriele Mainetti che in questo film riversa tutto l’amore, la passione e la riconoscenza che nutre per questa arte e chi ne fa parte.

2) I Freaks che diventano eroi

La prima forma di spettacolarizzazione “mozzafiato” è nata nel circo, che ha fatto della mostruosità il proprio fiore all’occhiello, un’attrazione aldilà dell’immaginazione. Il regista Gabriele Mainetti e lo sceneggiatore Nicola Guaglianone hanno attinto da queste figure storicamente emarginate, per plasmare dei nuovi (super)eroi le cui peculiarità sono la semplice diversità che si trasformano in punti di forza e in superpoteri.

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Protagonista è una giovane circense, Matilde (interpretata da una sbalorditiva scoperta: Aurora Giovinazzo), dal carattere forte e intraprendente, è a conoscenza del grande potere di cui è dotata ma ne è spaventata. La sotto-trama gravita sul terrore di questa supereroina di rimanere sola e di ferire chiunque le stia intorno a causa della forza di cui è impregnata. Lei stessa limita la sua libertà per la paura di essere, fin quando non prende coscienza delle sue potenzialità, diventando la chiave risolutiva dell’intera vicenda.

I suoi compagni di viaggio sono Claudio Santamaria nei panni di un “uomo lupo” dotato di forza fisica straordinaria; Pietro Castellitto nel ruolo di Cencio, un giovane capace di controllare la volontà di ogni specie di insetti, una sorta di pifferaio magico; Giancarlo Martini nella parte di Mario, un piccolo uomo “calamita” che attrae a sè oggetti metallici. Questi personaggi conferiscono alla scena leggerezza e smorzano i toni drammatici di cui è pregna l’ambientazione nazista, attraverso il carattere comico e frizzante accentuato dal dialetto romano.

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L’impronta umoristica non si piega alla tragicità bensì spiana la via al coraggio. Un coraggio al di fuori di sé, volto al salvataggio delle anime perdute, quelle sprofondate in un mondo privo di magia, senza via di fuga. La super eroina, come la zucca di Jack, riempita di carboni ardenti, diventa la luce di speranza per tutte le esistenze condannate a vagare, a nascondersi da sé stessi.

3) Franz: il cattivo di Freaks Out

Finalmente un cattivo che di cattivo non ha proprio nulla: Franz, un uomo della fazione opposta ai nostri protagonisti, un nazista. La sua esistenza però è relegata all’esibizioni nel circo del Terzo Reich. Franz (interpretato da Franz Rogowski, la cui recitazione ricorda Joaquin Phoenix nei panni di Commodo ne Il Gladiatore di Ridley Scott), è un uomo affetto da deformità, diverso e, in quanto tale, come uno scienziato pazzo crede in un disegno della realtà più grande che possa farlo sentire parte integrante di un tutto. Il suo bisogno di approvazione e di accettazione lo lega indissolubilmente a un pensiero politico che non solo, data la sua menomazione, non lo rappresenta ma che lo ingabbia come un fenomeno da baraccone.

 

Franz non è consapevole di essere un mostro prodotto dalla società nazista in cui è nato. Il suo obiettivo è la salvezza della fine del mondo di cui fa parte, quindi la salvezza di Hitler, attraverso l’unione dei super poteri dei quattro protagonisti.

La felicità del cattivo nell’aver trovato in Matilde e i suoi compagni di avventura, il super potere necessario per cambiare il futuro e per avere un riconoscimento, lo rende un’altra vittima della storia, del nazismo e dell’emarginazione.

4) I nuovi (super)eroi di Gabriele Mainetti

Mainetti da una nuova chiave di lettura all’elemento eroico, come abbiamo già visto in Lo chiavamano Jeeg Robot, sta creando il suo universo realistico-fantastico, dove il super eroe non ha interesse alla sua definizione ne è alla ricerca di uno scopo. Il super eroe, nella sua condizione umana più realistica, volge il suo raggio d’azione verso il superamento dei propri limiti interiori, delle proprie difficoltà e, soprattutto, verso l’accettazione di sé stesso grazie alla quale può essere di aiuto ad altri.

Gabriele Mainetti ha ridimensionato la figura del super eroe per permettere un’immedesimazione totalitaria. La sua rivisitazione, fortunatamente, non ha estromesso la componente spettacolare dalla sua estetica: anzi, ha conferito un sapore nuovo, policromatico, dove maestosi effetti speciali, la scenografia profondamente pittorica di Massimiliano Sturiale e la colonna sonora epica di Michele Braga e dello stesso regista (forse, eccessiva e troppo invadente in alcune scene), fanno da cornice a un’opera dalla forte identità internazionale.

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Raccontare la magia attraverso la magia del cinema è un’impresa titanica, che può affrontare solo chi ama il cinema e lo eviscera per esserne parte: Freaks Out è un film impregnato di omaggi ai registi di altri tempi.

 

È bastato uno sparo di cannone e due giovani abbracciati che volano verso la luna per catapultarci nella Francia del 1938, dove l’illusionista e regista Méliès ci ha accompagnati nel primo Viaggio sulla Luna. Un omaggio anche alla fotografia “onirica” di Baz Luhrmann, con la sovrapposizione di immagini, il montaggio sincopato, l’avvicinamento e l’allontanamento a velocità delle inquadrature nei momenti di esibizione degli artisti circensi.

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5) La musica di Freaks Out 

Il mondo cinematografico di Mainetti però, non è fatto solo di immagini mozzafiato e storie spettacolari ma anche di musica. Ogni personaggio è accompagnato, come un’ombra, dal proprio tema musicale composto per uno specifico strumento, tecnica tipica del mondo operistico (Puccini) e, ormai, difficilmente riscontrabile nelle colonne sonore di film italiani.

 

Freaks Out si avvale della componente sonora in due modi. Il primo è diegetico: il regista affida alla musica il ruolo di presentatrice dei personaggi e ne esalta le caratteristiche. Un esempio lampante è la scelta del theremin, strumento nato nel primo ventennio del ‘900, che non prevede il contatto fisico per l’emissione di suoni, affidato a Matilde per contrappasso, viene suonato da Israel prima dell’inizio e durante l’esibizione della giovane circense.

 

Il secondo è adiegetico, la musica cammina a fianco a quasi tutte le scene, senza mai abbandonarle. Gli stili vari, se da un lato convergono con le necessita narrative della trama, dall’altro l’allontanano dall’identità audio-visiva facendo diventare la colonna sonora a tratti dispersiva e appesantendo le immagini per la preponderante presenza.

Tutti questi motivi sono dimostrazione di quanto Freaks Out si distacchi dal panorama cinematografico nazionale e di come Gabriele Mainetti stia gettando le basi per una riforma del cinema nostrano. Teniamoci forte, perché siamo e saremo spettatori di un nuovo mondo che ci ammalierà e conquisterà.

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