Dopo sette anni di lavorazione, arriva in sala l’ultimo capolavoro di Hayao Miyazaki e, al posto delle grandi campagne di marketing, eccoci a farvi venire l’acquolina.
Ispirato all’omonima storia di Genzaburô Yoshino (il titolo originale tradotto in inglese è How do you live?, trasformato in America in The boy and the Airon e in Italia in Il ragazzo e l’airone), torna ad ancorarsi al tema del volo e dell’aria, dopo ben 10 anni dall’uscita in sala di Si alza il vento.
Mahito è soltanto un bambino quando perde la madre in un incendio durante la Seconda Guerra Mondiale.
Dopo qualche anno si trasferisce col padre in una villa in campagna dove conoscerà la sua nuova madre, la zia già incinta. Nel lussureggiante giardino della nuova abitazione spunta un airone cinerino, sempre più attratto dal protagonista, e appare una torre misteriosa che sembra chiamarlo a sé.
La costruzione non è altro che una porta per un mondo sottostante che Mahito dovrà attraversare per ritrovare la sua matrigna dispersa, e per riuscire finalmente a fare pace con se stesso e col passato.
Quella che sembra essere l’ultima lettera del tanto amato autore al suo pubblico, è intrisa di simboli e metafore molto comuni ai fan più navigati ma arricchiti da nuove ed affascinanti interpretazioni.
Questa è una storia dove l’interiorità del grande Maestro prorompe più che mai sullo schermo, soprattutto è evidente il trauma della guerra. I bombardamenti americani sono e rimarranno sempre una ferita aperta per un’intera generazione, caratteristica comune in molti autori giapponesi ma mai così evidente nello Studio Ghibli dai tempi di Una tomba per le lucciole. Inoltre, il padre di Miyazaki, proprio come quello di Mahito, era un ingegnere aeronautico, altro riflesso delle vicissitudini personali del regista.
A differenza di altre opere, qui l’autore si proietta in una figura sfuggevole e quasi di sfondo, cioè quella del prozio che, proprio come l’artista dopo il rifiuto del figlio, “tiene a galla” un’intera realtà fantastica in attesa di un erede.
Oltre a una forte autoreferenzialità, qui i riferimenti sono soprattutto occidentali. Il giovane protagonista segue l’aggressivo airone prima all’interno di una torre gotica, poi in un viaggio dantesco, un cammino verso il basso in un mondo immaginifico, dove i morti sfilano su barche all’orizzonte.
È anche una moderna discesa nella tana del Bianconiglio di Alice nel paese delle meraviglie, o un tenero omaggio al Labirinto del fauno di Guillermo Del Toro, storie inconfondibili di viaggi dell’eroe. Questo universo sotterraneo, però, non è un semplice aldilà, ma porta alla luce il vero e proprio inconscio del regista che, grazie ai suoi anni di vita e di esperienza, fa i conti con l’infanzia, i traumi, il suo futuro e quello del suo amato Studio.
La costante surrealità della filmologia di Miyazaki si sviluppa in una spirale enigmatica dove sogno e realtà hanno confini poco definiti e spesso si sfiorano annullandosi a vicenda.
Si parla di un racconto di formazione in cui è presente un forte senso di colpa, proprio come ne La città incantata, e sempre con un occhio di riguardo al rapporto tra l’uomo e la natura, come nel film Principessa Mononoke.
In un gioco di porte e prospettive che ricorda il celebre quadro di Escher, le interpretazioni possono essere svariate in un film che sembra essere il più complesso realizzato da Miyazaki, come una stanza degli specchi dove passato e presente, vita e morte, bene e male si confrontano.
Il tema del volo torna sempre potente, ma qua si carica di un’accezione ambigua e quasi negativa, proprio come i parrocchetti sanguinosi e i pellicani che rispettano le feroci leggi della natura, lo stesso Airone ha un pessimo carattere e ha una fama da bugiardo.
All’aria si contrappone il fuoco, che compare nella prima scena in una bellissima coreografia di tizzoni al vento mentre la madre di Mahito scompare, e continua ad associarsi al personaggio nel regno sottostante. Sempre presenti sono anche gli sfondi ad acquarello e le rigidissime palette di colori, regole stilistiche impossibili da infrangere.
Nonostante questo film trasmetta tutta l’inquietudine dell’anima di Miyazaki, è anche espressione della serenità, nata dalla maturità dell’artista, e realizza una reciproca e totale comprensione tra il mittente e il destinatario. È un dialogo sincero tra regista e pubblico sul cinema e sulla vita, dove lo stesso Miyazaki ci chiede di vivere senza rimpianti ma pieni di stupore.
Genere: animazione, avventura, drammatico, fantasy
Titolo originale: Kimitachi wa Dō Ikiru ka
Paese, anno: Giappone, 2023
Regia: Hayao Miyazaki
Sceneggiatura: Hayao Miyazaki
Fotografia: Atsushi Okui
Montaggio: Akane Shiraishi, Rie Matsubara, Takeshi Seyama
Interpreti: Aimyon, Jun Fubuki, Jun Kunimura, Kaoru Kobayashi, Karen Takizawa, Kō Shibasaki, Keiko Takeshita, Masaki Suda, Sawako Agawa, Sōma Santoki, Shōhei Hino, Shinobu Ōtake, Takuya Kimura, Yoshino Kimura
Colonna sonora: Joe Hisaishi
Produzione: Studio Ghibli, Toho Company
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 124'
Data di uscita: 01/01/2024