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Amityville Horror

05/04/2009 10:00

Leonardo Piva

Recensione Film, Film Horror, Amityville Horror,

Amityville Horror

Michael Bay produce il remake di un classico

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Nel 1974 la famiglia DeFeo si trasferisce nella famigerata villetta di Amityville, dove il giovane Ronald uccide i genitori e i tre fratelli. Durante i processi (che gli fruttarono l’inequivocabile condanna di sei ergastoli) il ragazzo continuò a sostenere che agì influenzato e condizionato da “presenze” all’interno dell’abitazione, che lo invocavano a compiere quegli atti atroci.


Solamente un anno dopo, i Lutz si trasferiscono nell’abitazione, ormai acquistabile a prezzi abbordabili. Neanche il tempo di sistemarsi definitivamente, che le inquietanti voci tornano a farsi sentire. Ma questa volta alle orecchie del padre.


Dopo il successo economico del remake di Non aprite quella porta, Michael Bay produce il remake di un classico del genere come Amityville Horror, il cui episodio originale risale al 1980. Prima prova (in verità non particolarmente memorabile) di Andrew Douglas dietro alla macchina da presa, il film è un perfetto esempio di regia superficiale messa in piedi da un comune artigiano, i cui fili dell’operazione sono tirati esclusivamente dal produttore. L’ombra di Bay si vede e si sente. Traspare in particolar modo dalla voglia di realizzare un prodotto semplice, sia nella forma che nel contenuto, ma al tempo stesso schietto e diretto. Sostanzialmente un teen horror, sulla soglia del pop-corn movie. Una sorta di fil rouge che accomuna tutte le sue produzioni (da Non aprite quella porta a Venerdì 13, passando per Il mai nato e The Hitcher) e che, a torto o a ragione, ha permesso a questi film di rivalutare anche in ambito commerciale un cinema un tempo considerato di nicchia.


Amityville Horror non esce nemmeno in minima parte da questo schema e aderisce completamente alle linee guida sopra descritte. In alcuni momenti, però, gli ingranaggi si bloccano e il film con essi. La prima metà, in verità, funziona; grazie all'idea della casa intesa come "presenza". Ma nella seconda parte, quando i pericoli della casa lasciano spazio alla minaccia paterna, il livello del film crolla verticalmente. L’introspezione e la definizione dei personaggi, infatti, è sostanzialmente inesistente. Alla sceneggiatura superficiale si aggiungono poi effetti visivi efficaci solo a tratti, che stonano nella grande maggioranza dei film di genere. Un film che sicuramente non va a aumentare la lista degli “indimenticabili”.


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