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Il fuoco della vendetta

28/01/2014 12:00

Paolo Sammati

Recensione Film,

Il fuoco della vendetta

La provincia americana, alienante e dalla grana grossa...

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La provincia americana, alienante e dalla grana grossa. La crisi economica e quella esistenziale della «lontananza da Mosca», come la chiamava Anton Čechov. La noia, la routine, dopo un passato ingombrante, per tutti. Un destino inevitabile, figuriamoci, a chiudere la più classica delle epopee tragiche.


Russel Baze (Christian Bale) è un brav’uomo, semplice, forse rassegnato. Lavora all’acciaieria, come suo padre, che ora lentamente si spegne in un letto. Ha una morale elementare, ma inesorabile, ama la tua donna, proteggi la tua famiglia, lavora. Suo fratello invece è un reduce dall’Iraq. Si chiama Rodney (Casey Affleck) e dopo la guerra non riesce a ritrovare il suo posto nella società. Russel sa che deve prendersi cura di suo fratello, perché ha l’impressione che brami, intimamente, l’autodistruzione. Poi, un’incidente d’auto, un morto: Russel trascorre lunghi anni in carcere, lontano dalla sua famiglia, dalla sua casa, dai suoi doveri. Scontata la pena, verrà presto a sapere dell’omicidio di Rodney, e la sua routine si trasformerà in una corsa di vendetta.


Vincitore del premio Taodue Camera d'oro per la Migliore Opera Prima/Seconda all'ottava edizione del Festival del Cinema di Roma, Out of the Furnace segna il ritorno da regista di Scott Copper. Dopo Crazy Heart (2008), adattamento dell'omonimo romanzo di Thomas Cobb, l’ex attore sceglie di raccontare un dramma familiare attraverso scelte stilistiche e drammaturgiche convenzionali, tipiche di un certo cinema americano recente (The Fighter, Warrior). Condannati da uno spazio ostile alla soddisfazione ultima dell’istinto primordiale della violenza, i due protagonisti sono certamente personaggi ben scritti, eternamente combattuti, sempre in equilibrio su un rasoio sottile, quello del "fare ciò che va fatto". Rodney non si rassegna all’idea di una vita come quella di Russel, condannato all’acciaieria, alla morte. Cerca piuttosto esperienze forti, incontri di pugilato a mani nude, in preda ad un nichilismo suicida. Casey Affleck ne fa un animale primordiale, scattante e allo stesso tempo fragile. Christian Bale disegna invece un uomo solido, composto e dalle idee chiare, inesorabile poi quando si tratterà di agire. Di fronte ad una regia compilativa come quella di Cooper, che nonostante qualche gradevole citazione (quella a Il Cacciatore su tutte) non evita la continua impressione del già visto, Out of the Furnace fa del cast il suo punto di forza. Notevole l’interpretazione di Woody Harrelson che da grande caratterista interpreta Harlan DeGroat, un sociopatico, violento, antagonista drammaticamente degno dell’ira funesta di Russel. Per Cooper, un’occasione mancata di ripetere il successo di critica del bel Crazy Heart - film arricchito, anche in quel caso, da un’interpretazione memorabile, quella di Jeff Bridges - per il pubblico qualche sospiro e la consapevolezza di trovarsi di fronte a grandi attori.


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