Christopher McQuarrie cede il timone a Edward Zwick per il secondo capitolo della saga di Jack Reacher, impavido giustiziere solitario portato sul grande schermo da Tom Cruise, anche nelle vesti di produttore. Questa volta il buon Jack si trova coinvolto nel tentativo di salvare Susan Turner (Cobie Smulders), maggiore dell'esercito, arrestata con una falsa accusa di spionaggio che cela una cospirazione ad ampio spettro. Gli avversari non si faranno scrupoli a utilizzare contro di lui ogni arma possibile; anche minacciare l’incolumità di una ragazza, che potrebbe essere la figlia dello stesso Reacher (Danika Yarosh). Se il primo capitolo della saga si caratterizzava per una trama interessante e un rapporto un po’ claudicante fra i registri utilizzati, Jack Reacher - Punto di non ritorno presenta una situazione molto diversa: una vicenda prevedibile, anche banale se vogliamo, ma una messa in scena che gode di maggiore equilibrio e del giusto mix di azione e ironia. Questo secondo aspetto è molto importante soprattutto rispetto alla presenza di un Tom Cruise che, se indubbiamente invecchia in modo invidiabile, ciò non di meno risulta evidentemente più avanti con gli anni e non sarebbe pienamente credibile nell’interpretare un eroe che si prendesse troppo sul serio e non evidenziasse la necessità di ricorrere, a volte, a un aiuto esterno. L’aiuto in questo caso prende le – belle – sembianze di Cobie Smulders, a suo agio nei panni di un marine che sa essere dura quanto femminile, e che si rivela una perfetta spalla per il lupo solitario, in grado sia di menar le mani come un soldato che di gestire il rapporto complesso di Reacher con la sua presunta figlia. Questo rapporto, nato dal niente e basato su poco, è difficile da affrontare per un uomo ligio a ideali e principi, abilissimo in qualsiasi forma di combattimento o analisi, ma molto poco in grado di gestire relazioni e sentimenti. Complessivamente dunque Jack Reacher – Punto di non ritorno è un buon film d’intrattenimento, con una trama telefonatissima ma efficace. Forse si potrebbe inquadrare "la saga" nei termini di una fiction televisiva ad alto budget: non si prende troppo sul serio (come faceva il suo predecessore) e diverte, lasciando sperare che la serie possa continuare creandosi il suo posto fra i vari Mission Impossible, Bourne e simili.