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L'amore secondo Isabelle

19/04/2018 11:00

Federica Cremonini

Recensione Film,

L'amore secondo Isabelle

I drammi amorosi di una donna matura

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Isabelle (Juliette Binoche) è una pittrice cinquantenne, divorziata, che vive a Parigi con sua figlia di dieci anni. Come tante donne, se non tutte, è alla ricerca di un uomo con cui condividere le sue giornate. Balza, quindi, da un compagno occasionale all'altro, frequentando uomini di ogni tipo, dall'aspetto sempre diverso, di ogni estrazione sociale, di ogni categoria. Un attore, un banchiere, poi un altro uomo, e un altro, e un altro ancora. Isabelle ha tutto e ama tutti, ma sostanzialmente nessuno: al terminare di ogni incontro, giungono le lacrime e la donna si riscopre sempre più sola, incapace di trovare il suo "amore ideale".



Adattato da Frammenti di un discorso amoroso, romanzo scritto da Roland Barthes nel '77, L'amore secondo Isabelle è l'unione delle esperienze amorose di Claire Denis fuse assieme a quelle della sceneggiatrice del film, Christine Angot: il quattordicesimo lungometraggio della regista francese (che si è fatta conoscere e amare da critica e pubblico, nel 1988, grazie a Chocolat), è un susseguirsi di scene non precisamente incastrate in uno schema che somigli a un racconto. O meglio, si potrebbe proprio definire un continuo allacciarsi di vignette che si ripetono di continuo e si allacciano fra loro, dando origine a un film piuttosto ridondante sulla logorante sofferenza interiore di una donna, ormai matura, incapace tanto di accettare la propria condizione quanto di lottare davvero affinché questa possa diventare qualcos'altro. Una donna che, mentre sta cercando di comprendere le ragioni per cui trovare "l'amore ideale" sia così difficile (oseremmo dire, a guardare bene le sue reazioni, impossibile), si ritrova a fare i conti con la sua irreparabile solitudine, che scandisce giorno dopo giorno il suo tempo.


Isabelle si strugge nel suo circolo vizioso: a ogni incontro con un uomo si deteriora un po' di più e, alla fine, si ritrova ogni volta immersa nelle lacrime di un dolore che nessuno può vedere o capire, eccetto lei. Il vero peccato è che nemmeno Claire Denis, mediatrice fra Isabelle e lo spettatore, si ritrova disposta a scendere più a fondo nel dolore della donna che ritrae, perché troppo complicato. Isabelle è una bambina, intrappolata nel corpo di una donna adulta, che si dimena nella spasmodica ricerca di un amore impossibile perché esistente solo in potenza negli uomini che frequenta e tocca. La concretizzazione di questo non pare mai avverarsi, dato l'inevitabile scontro fra la realtà e la prefigurazione immaginaria data dal desiderio e dalle aspettative della protagonista, da lei applicate a ogni individuo senza distinzioni. Inadatta a dare e ricevere, a condividere il quotidiano con l'altro poiché troppo indaffarata con se stessa e vincolata ai suoi turbamenti, per Isabelle ogni uomo diviene un pupazzo sul quale riversare i sogni di una vita, andati in frantumi, e nient'altro. Nasce, tuttavia, il dubbio che il problema di L'amore secondo Isabelle risieda nel voler rendere cervellotico e labirintico, nel progressivo dispiegarsi della narrazione, ciò che pare invece comune e sarebbe di facile comprensione: soffrire per amore, o per mancanza d'amore. Ogni donna può capire Isabelle e si ritrova a voler capire le sue angosce, ma allo stesso tempo nessuna potrà davvero mai riscoprirsi completamente, o anche solo parzialmente, vicina alla nevrotica e ombrosa Isabelle, vittima di un affresco che pende troppo facilmente verso il grottesco.


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