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Ridi, Pagliaccio: i clown più spaventosi della storia del cinema

22/02/2018 22:41

Mattia Caruso

Approfondimento Film, Film Horror, it,

Ridi, Pagliaccio: i clown più spaventosi della storia del cinema

Con il nuovo It (quasi) alle porte, ripercorriamo la storia di una delle figure più terrorizzanti del nostro immaginario

Con il nuovo It (quasi) alle porte, ripercorriamo la storia di una delle figure più terrorizzanti del nostro immaginario: il clown

«Si vide alzarsi e indietreggiare e fu allora che una voce gli parlò da dentro lo scarico, una voce assolutamente plausibile e piuttosto simpatica: "Salve, Georgie”» - It, Stephen King

 

Oramai un trentennio è passato da quando il piccolo Georgie rincorreva la sua barchetta in una mattina piovosa nel centro di Derry e Stephen King regalava a generazioni di lettori nuovi motivi per restare svegli la notte. Trent'anni fatti di incubi ricorrenti, riletture e degenerazioni dello stesso - interminabile - orrore. Eppure, mentre il trailer del primo, vero adattamento cinematografico di It ci rigetta di colpo ai terrori dell'infanzia, la figura del pagliaccio omicida torna ciclicamente, come una maledizione, a tormentare i nostri sogni. Coulrofobia. Così pare si chiami la paura persistente, anormale e ingiustificata per i clown. Perlomeno, questa è la definizione da quando Stephen King e il suo poderoso romanzo hanno deciso di sovvertire una volta per tutte l'essenza di questi simpatici, innocui buffoni. Ma non solo di Pennywise sono fatti questi incubi. Più di un demone – spesso e volentieri ben più vecchio dello spauracchio degli anni Ottanta – si nasconde dietro a quei ghigni e a quelle risate stentate. Un mostro sfaccettato che si perde nei meandri della nostra cultura popolare, tra romanzi, fumetti, TV, cinema e Storia.

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Pagliacci fuori dal circo: da Freaks a It

A pensarci bene, forse, c'è sempre stato qualcosa di inquietante in quelle figure bonarie e un po' tristi, come se quegli strati di trucco e quei nasi spropositati non fossero espedienti per divertire i bambini, ma piuttosto servissero a nascondere occhi ferini e fauci fameliche dietro a un'apparenza più che mai rassicurante. Un'anima di orrore, degenerazione e morte il cui senso di inquietudine e di tragedia incombente si poteva già indovinare nel ghigno paralizzato del Gwynplaine di Conrad Veidt, sfigurato e sfortunato fenomeno da baraccone ne L'uomo che ride di Paul Leni. É un disagio, quello del clown, che trova le sue radici proprio in un passato popolare fatto di fiere, circhi itineranti e abominevoli freak show. Un passato che - senza dover stare a scomodare i Freaks di Tod Browning - si ripresenta ciclicamente sino a oggi, vuoi in prodotti seriali come l'American Horror Story: Freak Show di Ryan Murphy (in particolar modo nella figura omicida del clown Twisty), vuoi - cambiando continente e medium - nei deliri franchisti e grotteschi dell'Alex de la Iglesia di Ballata dell'odio e dell'amore e dei suoi pazzi clown.

 

Ma è quando il clown esce dal circo che le cose cominciano a complicarsi. La creatura di Stephen King, di cui il pagliaccio Pennywise è solo la più iconica delle manifestazioni, è un salto definitivo nell'abisso, e il Male, ora soprannaturale e onnisciente, si diffonde a macchia d'olio in tutte le sue declinazioni. E se la prima e (ancora per qualche mese, almeno) unica versione live action dell'oscura creatura dell'autore del Maine non è certo memorabile – sebbene la miniserie TV del 1990 resti, a suo modo, una sorta di cult, grazie soprattutto all'inquietante interpretazione di Tim Curry – le occasioni perché questa figura emerga in tutta la sua forza distruttiva non mancano di certo. Dalle comparsate di pupazzi più o meno demoniaci come quello visto nel Poltergeist di Tobe Hooper, alle degenerazioni ibride e assurde di film come Killer Klowns from Outer Space dei Chiodo Brothers, fino alle contaminazioni tra cinema e fumetto dello Spawn di Mark A.Z. Dippé e della sua nemesi clownesca e infernale Violator, il clown abbraccia definitivamente la sua natura, divenendo l'incarnazione stessa del Male.

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Clown e serial killer: gli incubi di Rob Zombie

Un Male cieco e sempre più assurdo, personificazione di una totale e caotica insensatezza (come non pensare al Joker e alle sue molteplici versioni cinematografiche) che trova nelle degenerazioni della contemporaneità il suo circo ideale. E mentre questo orrore esplode nella sublimazione di un intero immaginario in un film bizzarramente cronemberghiano come Clown, in cui il Mostro diviene il costume stesso, ecco emergere dalle fantasie redneck e cinefile di un Rob Zombie appena prestato al cinema, l'iconico, lercio e deviato Captain Spaulding, nel clamoroso esordio de La casa dei 1000 corpi. Con Rob Zombie la maschera del clown torna a rivestire il suo ruolo perturbante, in un tripudio splatter e sanguinario senza precedenti, che ha nell'esasperazione di 31 – sorta di survival horror dove i clown (una menzione speciale va almeno fatta per il sadico Doom-Head) non possono che essere sanguinari, assurdi cacciatori - la sua apoteosi.

 

E se fosse proprio l'universo derivativo e ipercitazionista di 31 a essersi fatto, paradossalmente, specchio del reale, ispirando quegli episodi di isteria collettiva che, in prossimità dell'ultima festa di Ognissanti, avrebbero visto in diverse cittadine degli States minacciosi e violenti individui truccati da clown aggirarsi per tranquilli sobborghi residenziali? D'altronde, la realtà si è sempre confusa con la finzione in queste degenerazioni del nostro immaginario. E non è affatto un caso che siano state proprio le terribili gesta del serial killer John Wayne Gacy o, meglio, del suo alter ego Pogo il Clown – responsabile di aver violentato, torturato e ucciso più di trenta giovani adolescenti negli anni Settanta – a ispirare Stephen King per il suo Pennywise.

 

Tra tendoni da circo e schiamazzi, scherzi innocenti e sanguinosi omicidi, la figura del clown è così passata indenne attraverso mode, generi e confini. 

 

Ha saputo, all'occasione, ora reinventarsi, ora rituffarsi in un terrorizzante effetto nostalgia, nello scambio continuo tra un mondo e l'altro. In un giorno di pioggia, allora, forse è meglio stare alla larga dagli scarichi. Potrebbe uscirne un palloncino colorato.

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