Sembra che in gran parte dell’Europa, e in particolar modo in Francia, sia in deciso aumento il numero di ragazze che, a causa di difficoltà economiche, decide di pagarsi gli studi e qualche piccolo extra prostituendosi. Esistono addirittura siti internet che permettono di conoscere gente ragazze già nel giro per avere dritte, suggerimenti e quant’altro sull’argomento. La regista francese Emmanuelle Bercot, prendendo spunto dall’anonima autobiografia di Laura D. Mes chères études (che è anche il titolo originale della pellicola), racconta la vicenda di Laura (Déborah François), diciannovenne studentessa francese al primo anno di università. Di famiglia povera, con i pochi soldi mandatigli dai genitori e quelli guadagnati con un lavoro part-time in un call center, non riesce a tirare avanti con gli studi né a pagare le spese di un appartamento che condivide con il fidanzato Manu (Benjamin Siksou), un giovane tutto pieno di sé. Cercando un secondo lavoro su internet si imbatte su una bacheca di annunci di lavoro a “luci rosse” e, in particolare, nel messaggio di Joe (Alain Cauchi), un ricco uomo di mezza età in cerca di brividi. Da quel momento inizia per Laura un lungo viaggio nel mondo del sesso a pagamento, in perenne bilico tra la felicità di poter avere uno stile di vita insostenibile per la maggior parte delle ragazze della sua età e il dolore per il suo corpo, ormai ridotto a una semplice merce di scambio. Benjamin (Mathieu Demy), un trentenne disoccupato, diventa per Laura l’unica via d’uscita da questa spirale ma rimarrà delusa ancora una volta. La Bercot, che in qualche scena gioca a fare l’Aronofsky di Requiem for a dream, con il cash count associato alle prodezze sessuali di Laura, sceglie la via della tematica d’impatto associandola ad immagini indubbiamente forti, sfruttando appieno la bravura e il fisique du role della François. Tuttavia la pellicola non riesce a catturare completamente l’attenzione, ponendosi come un asettico resoconto delle vicende della protagonista. Se il film vuole essere un ammonimento alla società che abbandona al suo destino la protagonista e tante altre ragazze come lei o un attacco alla sempre crescente mercificazione del corpo femminile, la denuncia rimane decisamente troppo in superficie. E il percorso interiore di Laura appare spesso frettoloso (al “secondo appuntamento” sembra già una consumata professionista) e l’empatia dello spettatore si annacqua tra l’ennesima scena hard e qualche dialogo non proprio riuscitissimo (il fidanzato di Laura che si preoccupa per lei perché non prende i soldi prima del rapporto). Come i precedenti lavori della regista, anche questo Student services rischia di rimanere nell’anonimato.