Le falene sono insetti che, di notte, si muovono intorno a luci fluorescenti. Quasi come la proverbiale luce alla fine del tunnel, il bagliore che irretisce le falene è una luminosità illusoria, una promessa vacua di fuga, che in realtà conduce l’insetto alla disfatta. Paolo Sassanelli – conosciuto ai più per aver partecipato a fiction di successo come Un medico in famiglia e Compagni di scuola- e Totò Onnis (recentemente visto in Se sei così ti dico sì) sono due falene antropomorfe, che si muovono in una notte surreale all’interno di un paesino sperduto sulla costa pugliese, alla ricerca di quella luce che possa liberarli da uno stato ignorante e senza speranze. La regia di Andrés Arce Maldonado, regista colombiano ma naturalizzato italiano, accompagna la parabola di questi due insetti dall’aspetto umano. La vicenda è quella di due quarantenni (Sassanelli e Onnis, appunto) che, durante una lunga notte, aspettano il complice che potrà aiutarli a mettere in atto un colpo in grado di liberare i due protagonisti dalla miseria e dalla totale mancanza di prospettive per un futuro che sia almeno decente. Durante l’attesa, i due uomini cominciano a parlare, di tutto e di niente, mettendo in mostra sogni e debolezze, paure e desideri. E più forte di tutto, il desiderio di uscire da quel tunnel, di trovare una via di fuga dalla realtà che hanno conosciuto. Ma se così non fosse? Se tutto si risolvesse in qualcosa di futile, mal giostrato e fuori portata? Come due falene, i due protagonisti devono stare attenti a non avvicinarsi troppo alla fiamma, se non vogliono correre il rischio di scottarsi … Girato in cinque giorni, il film di Andrés Arce Maldonado colpisce soprattutto per la capacità di mescolare con successo la stabilità di provenienza teatrale (la sceneggiatura di Andrej Longo, infatti, era stata pensata per un testo teatrale e non cinematografico) con la drammaturgia necessaria per creare empatia con un pubblico sempre più abituato a roboanti effetti speciali che limitano la componente emozionale dei vari personaggi. In poche ore di buio, dove non succede niente e insieme succede tutto, Maldonado riesce a creare un senso di attesa palpabile, che smuove la curiosità di chi sta seduto in poltrona, e lo spinge a farsi domande su ciò che sta vedendo, creando una sorta di mise en abime con i protagonisti che, dal canto loro, non fanno che porgersi domande, perdendosi in parole volte a presentarli non solo come personaggi, ma come veri e propri esseri umani. Tutto ciò è reso possibile anche dall’ottima prova istrionica dei due attori protagonisti, che sono il vero centro nevralgico della narrazione. La loro recitazione – rigorosamente in pugliese – è capace di tenere tutto il film, attirando le attenzioni della macchina da presa come due veri divi cinematografici. Intorno si muovono personaggi minori, ma sono elementi di tappezzeria, personaggi sfocati che servono solo a mettere ancora di più in mostra i due protagonisti. È difficile non vedere, in Falene, il richiamo al capolavoro I soliti Ignoti. Pur non riuscendo a raggiungerne gli altissimi livelli, la pellicola di Maldonado si accosta a quella di Monicelli per il senso di ineluttabilità che accompagna tutto il dispiegarsi della vicenda. I protagonisti de I soliti ignoti cercavano, anche loro, di trovare una via di fuga attraverso un colpo che doveva essere sicuro ed elementare da svolgere. E, soprattutto, in entrambi in casi a dominare è l’aura di fallimento che si riesce ad avvertire già dalle prime sequenze. Lo spettatore riesce ad intuire sin dalle prime sequenze che la coppia Sassanelli/Onnis non riuscirà ad avere successo, così come era accaduto alla banda capeggiata da uno straordinario Vittorio Gassman. Ma, senza dubbio, Falene è prima di tutto un omaggio al famoso Aspettando Godot, l’opera di Samuel Beckett incentrata sull’attesa di un qualcosa che potrebbe giungere da un momento all’altro ma che, in definitiva, non arriva mai.