Dieci lune separano il coraggioso Arthur (Freddie Highmore) dall’amata Selenia (Mylène Farmer), principessa del piccolo popolo dei Minimei. Nell’attesa, il bambino decide di approfondire il suo rapporto con la natura, grazie all’aiuto della tribù di uomini che vive nel suo giardino, i Bogo Matassalai. La sua attesa si fa ancora più frenetica quando un ragno gli consegna una richiesta d’aiuto scritta su un chicco di riso. Il messaggio arriva dal mondo dei Minimei, e Arthur teme che la sua compagna alta pochi millimetri sia in serio pericolo. Quando ormai manca poco alla decima luna che permetterà al ragazzo di usare il potere del raggio per aprire un varco nel mondo dei Minimei, il papà di Arthur (Robert Stanton), stanco della vita campestre, decide di tornare in città. Servirà tutto l’ingegno di Arthur per rimanere nella casa di campagna dei nonni (Mia Farrow e Ron Crawford) e avere così l’opportunità di salvare i suoi amici dall’avanzante minaccia rappresentata dal crudele Maltazard (Alain Bashung). Secondo episodio della saga cinematografica di Luc Besson, Arthur e la vendetta di Maltazard non fa nulla per nascondere la sua natura di film di transito, elemento necessario per mandare avanti la narrazione cominciata egregiamente con Arthur e il popolo dei Minimei. Il secondo film del franchise non si sforza di presentare elementi innovativi in una diegesi che, pur con l’ottima realizzazione digitale, attrae lo spauracchio del già visto. Il regista fa leva su meccanismi oliati, ricalcando situazioni e schema narrativo del prequel: il racconto dentro il racconto, dove il live action diventa il leitmotiv della narrazione e lasciando all'animazione il dovere di affascinare lo spettatore. La stessa contrapposizione tra i due mondi – quello reale e quello dei Miminei – resta invariata, con l’ago della bilancia che oscilla sempre più verso il mondo in miniatura di Selenia e del tenero Bétamèche (Cartman). Nessun nuovo punto di vista irrompe in una storia che appare evidentemente destinata ad un pubblico infantile, nonostante alcuni richiami che cercano di strizzare l’occhio a spettatori adulti. Dopotutto, l’azione - che dovrebbe apparire fondamentale in un capitolo in cui il villain della situazione arriva a chiedere la sua vendetta - è ridotta all’osso e il più delle volte annoia proprio per quella stretta parentela visiva con il primo capitolo. Sembra quasi che Besson abbia dato fondo a tutta la propria capacità immaginativa per il capitolo di lancio della saga, senza avere ulteriori strumenti per sancire la buona riuscita di questa seconda pellicola. Lo stesso Maltazard appare piatto, senza quegli slanci ironici e iconici che rendono un villain degno di essere tramandato alle generazioni future di spettatori. La scritta finale “to be continued”, ereditata dal mondo della serializzazione televisiva, lascia sperare che questo Arthur e la vendetta si Maltazard sia un incidente di percorso, utile solo ad aprire le porte all’episodio conclusivo.