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Ricchi, ricchissimi, praticamente in mutande

07/02/2012 12:00

Gabriele di Grazia

Recensione Film,

Ricchi, ricchissimi, praticamente in mutande

A soli due anni di distanza da Zucchero, miele e peperoncino il regista Sergio Martino ripropone lo schema e gli attori della pellicola che nel 1980 aveva avuto

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A soli due anni di distanza da Zucchero, miele e peperoncino il regista Sergio Martino ripropone lo schema e gli attori della pellicola che nel 1980 aveva avuto discreto successo di pubblico. Ritornano dunque Pippo Franco, Lino Banfi, Renato Pozzetto ed Edwige Fenech, ancora una volta coinvolti in situazioni improbabili e al limite del grottesco in cui i vizi e le ossessioni degli italiani vengono estremizzati e messi in ridicolo secondo i dettami della miglior tradizione della commedia all’italiana.


Il film è diviso in tre episodi collegati idealmente fra loro dalla presenza di ciascun personaggio in un’aula di tribunale dove si appresta a raccontare le proprie sventure davanti ad una giuria. Il primo episodio vede Pippo Franco nei panni di un poveraccio che, pur di portare moglie e figli al mare, si costruisce una baracca abusiva su una spiaggia libera. Tutto sembra andare per il verso giusto fino all’arrivo di alcuni nudisti capitanati dal superdotato Ermanno Mordini detto “Batacchio” che comincia ad insidiare la moglie del protagonista. Nell’episodio successivo, ambientato in un hotel di Livorno, seguiamo l’industriale Zamboni (Lino Banfi) in vacanza con la moglie (Annabella Schiavone), la figlia Aurora insieme ad un Ammiraglio in pensione (Riccardo Garrone) ed il suo figlio cadetto. Durante una cena Zamboni si invaghisce di una affascinante e sofisticata donna tedesca appassionata del gioco delle carte, e cede alle sue avance. In realtà la donna e il suo maggiordomo nascondono un losco segreto. Renato Pozzetto nell’ultimo episodio interpreta Alberto, il proprietario di un cantiere navale sull’orlo del fallimento minacciato dai propri dipendenti che non vedono da mesi lo stipendio. Quando un emiro arabo (George Hilton) gli propone un affare, sembra che tutti i suoi guai siano finalmente finiti. Ma l’arabo sembra intenzionato a concludere l’affare solo a patto di avere per una notte la moglie dell’uomo, Francesca (Edwige Fenech). Spinto dai suoi dipendenti, Alberto cede alla proposta indecente dell’arabo per scoprire, solo alla fine, che si era trattato in realtà di un grosso equivoco.


La pellicola di Martino offre diversi spunti comici disseminati in modo omogeneo per tutta la durata del film non lasciando alcuno spazio alla noia. Buona la regia, meno la sceneggiatura che non brilla per originalità. Come sempre gli interpreti intrattengono con verve buffonesca e ridereccia calcando gli standard comici dell'epoca, tra tutti Pippo Franco che è convincente nel dar vita alla frustrazione del suo personaggio alle prese con un rivale in amore contro cui non può competere. L’ultimo episodio riesce meglio, se non altro per la trama che si distingue dalle altre parti; qui Pozzetto dà il meglio della sua comicità, ben affiancato dalla Fenech e dall’attore Daniele Formica.


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