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All'ovest niente di nuovo

09/03/2012 11:00

Roberto Semprebene

Recensione Film,

All'ovest niente di nuovo

Ispirato al celebre romanzo Niente di nuovo sul fronte occidentale, di Erich Maria Remarque, All’ovest niente di nuovo è un classico della cinematografia americ

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Ispirato al celebre romanzo Niente di nuovo sul fronte occidentale, di Erich Maria Remarque, All’ovest niente di nuovo è un classico della cinematografia americana, un film del 1930, diretto da Lewis Milestone, divenuto celebre per aver vinto l’Oscar sia per il miglior film che per il miglior regista, e per essere una delle più impietose rappresentazioni della realtà della guerra che Hollywood abbia mai proposto al proprio pubblico.


Come per il romanzo, colpisce il punto di vista adottato per il racconto: quello dei soldati tedeschi sul fronte della Prima Guerra Mondiale, una prospettiva diversa dal solito, in cui è possibile trovare, nella rappresentazione della realtà della parte vinta, il dramma collettivo di quanti parteciparono ad uno dei più sanguinosi conflitti della storia. È così che seguiamo la storia di alcuni giovani di un paese tedesco di provincia, convinti dalla retorica militarista del loro professore del liceo ad arruolarsi volontari per la grandezza della Patria. La realtà che i giovani si trovano ad affrontare al fronte è però ben diversa dai sogni di gloria che avevano coltivato e ben presto l’insensatezza, il dolore e la tragedia di quanto stanno vivendo si palesa loro in tutta la sua durezza.


Molti dei ragazzi non faranno mai ritorno, tanti di loro rimarranno mutilati, i più fra gli scampati troveranno difficoltà a reintegrarsi in un contesto di “normalità” che giudica, senza averla vissuta, la follia della guerra di trincea. Milestone descrive il tutto con grande puntualità e sfruttando con attenzione anche il comparto sonoro, la grande rivoluzione del cinema di quegli anni. La costruzione del film è efficace anche nel dare spazio alle emozioni dei protagonisti, su tutti Paul, il ragazzo che maggiormente si fa carico di esprimere i drammi interiori che ciascun soldato si trova a vivere sul campo di battaglia. Molti espedienti sono anche piuttosto raffinati, come il soffermarsi su alcuni particolari per sintetizzare in poche scene racconti di grande ampiezza o tradurre in immagini moti dell’animo che non avrebbero in parole l’opportuna traduzione. Il messaggio antimilitarista che il film intendeva trasmettere fu talmente esplicito e suggestivo da indurre i nazisti a boicottarne l’uscita nelle sale tedesche, ricorrendo addirittura al lancio di topi in occasione della prima a Berlino.


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