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Silent Souls

27/04/2012 10:00

Marco D'Amato

Recensione Film,

Silent Souls

Presentato in anteprima al Festival di Venezia del 2010, esce in Italia, a quasi due anni di distanza, Ovsyanki del regista russo Aleksei Fedorchenko, distribui

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Presentato in anteprima al Festival di Venezia del 2010, esce in Italia, a quasi due anni di distanza, Ovsyanki del regista russo Aleksei Fedorchenko, distribuito in Europa con il titolo Silent Souls. La vicenda prende le mosse da Neya, una piccola città della Russia centro-occidentale. Miron (Yuri Tsurilo) perde l’amata consorte Tanya (Yuliya Aug) e chiede all’amico Aist (Igor Sergeyev) di accompagnarlo in un lungo viaggio per cremare il cadavere della moglie nel luogo della loro luna di miele, seguendo i riti tradizionali dell’antico popolo Merja, originario della loro terra. Con loro, una coppia di zigoli ("ovsyanki" in russo) tenuti da Aist in una gabbietta.


Il lungo viaggio dei due protagonisti è una metafora dell’elaborazione del lutto di Miron ma anche di Aist, che troverà un senso alla morte del padre, ben chiara sin dalle prime scene, in cui il cambio di inquadratura - prima frontale e poi di spalle - della bicicletta e della macchina, mostra la strada che si stanno lasciando definitivamente alle spalle. Il dolore di Miron è enorme ma composto e dignitoso e trova conforto nel complice silenzio dell’amico durante tutto il viaggio. L’intero film ruota intorno alla concezione Merja della vita: totalmente atei, ritengono che il solo senso dell’esistenza sia nell’acqua (le ceneri dei morti vengono sparse nei loro fiumi) e nell’amore eterno, in un insieme di riti e simbologie profondamente significanti (i fili intrecciati agli alberi, l’immersione dei beni più cari). Fedorchenko intona un’apologia del folclore e dei costumi di una Russia pre-Cristiana e pagana ormai scomparsa ma che proprio grazie a queste ritualità mantiene intatto il proprio spirito. Se uno spettatore occidentale può trovare difficoltà nel trovare intelligibili tradizioni come il “fumo” (il vedovo rivela dettagli decisamente intimi della propria moglie) o la legittimità del desiderio sessuale anche in occasioni così tristi, non può non apprezzare le cadenze quasi ieratiche e la tenerezza di fondo che permea l'intera pellicola. Finale chiamato già a inizio film, a perfetta chiusura del cerchio della storia. Menzione speciale per la fotografia, incorniciata dalla meravigliosa decadenza delle immense foreste russe.


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