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On the road

15/10/2012 10:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

On the road

Prima trasposizione su grande schermo del romanzo generazionale di Jack Kerouac...

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Prima trasposizione su grande schermo del romanzo generazionale di Jack Kerouac. Negli Stati Uniti degli anni '40, l'aspirante scrittore Sal Paradise (Sam Riley) incontra l'affascinante Dean Moriarty (Garrett Hedlund) e sua moglie Marylou (Kirsten Stewart) con i quali intraprenderà un viaggio indimenticabile fino al Messico, in un cammino di libertà e di scoperta di se stesso.


È il 1957 quando Kerouac pubblica On the road, romanzo simbolo della Beat Generation, 3 milioni di copie vendute, inserito da Modern Library nella classifica dei 100 libri più significativi del XX secolo. Nelle pagine del romanzo Kerouac ha saputo cristallizzare il ritratto dell'America combattuta tra le sue origini selvagge e la nascente società borghese, fra la libertà degli spazi sconfinati e le regole delle metropoli, in un mondo che ha visto germogliare i semi della contestazione dieci prima che nella vecchia Europa.


Quello che Sulla strada ha costituito, per gli stili narrativi venuti in seguito, è stato un vero e proprio genere letterario e dunque cinematografico. L'eterno topos del viaggio come esperienza conoscitiva è diventato da qui in poi un espediente che ha semplificato di molto il lavoro di scrittori e sceneggiatori. L'"on the road" è un genere a tutti gli effetti, un modo di fare cinema intorno ad un viaggio che i protagonisti compiono interiormente lungo il cammino per paesaggi meravigliosi o realtà da scoprire. Walter Salles si era già cimentato con il genere almeno altre due volte e dopo Central do Brasil, il vero successo è arrivato solo nel 2004 con I diari della motocicletta. L'operazione che Salles aveva iniziato sulla figura di Che Guevara, viene riproposta con un' altra icona, svecchiandone l'immagine e restituendo al mito quel tanto che basta a rendere la spensieratezza e l'acerbità di una vicenda letteraria e umana al contempo.


Anche se vanno apprezzate le ambiziose intenzioni di confrontarsi con un mito generazionale, nel passaggio da romanzo a film si è optato per un'eccessiva semplificazione degli schemi narrativi - evidente prima di tutto in una riduzione di coralità e di ampiezza nella scrittura dei personaggi. Nel concentrare l'intera vicenda per lo più sui rapporti fra i tre protagonisti, resta poco spazio agli interessanti comprimari, ad iniziare da Viggo Mortensen, nel ruolo di "Old Bull" Lee/William S. Burroughs, teorico della Beat, fino alle donne, due belle prove di Kirsten Dunst nel ruolo di Camille e Amy Adams in quello di Jane. Coerentemente con una scelta registica impavida e sfrontata, Salles consegna i tre celebri personaggi protagonisti ad attori dell'ultima generazione di Hollywood: Riley, nei panni di Sal Paradise, aspirante scrittore di New York, alter ego di Kerouac, Hedlund come Dean Moriarty/Neal Cassady, e Kirsten Stewart come Marylou, la bella compagna di Dean, simbolo dell'anticonformismo femminile sul finire degli anni '50. I protagonisti di Salles sono volti noti del cinema scelti per interpretare giovani uomini e donne di sessant'anni fa, che condivisero il desiderio di libertà e la scoperta di un'America giovane ed eccitante, tra USA e Messico, posta loro dinnanzi come una metafora delle proprie vite: quella di Sal ancora da iniziare, quella di Dean da cui scappare.


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