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Promised Land

16/02/2013 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

Promised Land

Quindici anni dopo Will Hunting, ritorna al cinema la coppia formata da Matt Damon e Gus Van Sant, in un film di cauta denuncia dei crimini ambientali delle mul

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Quindici anni dopo Will Hunting, ritorna al cinema la coppia formata da Matt Damon e Gus Van Sant, in un film di cauta denuncia dei crimini ambientali delle multinazionali, presentato in concorso alla 63esima Berlinale 2013.


Steve Butler (Matt Damon) è l’agente di una grossa società energetica, la Global, inviato insieme alla collega Sue Thomason (Frances McDormand) nella cittadina di campagna di McKinley per convincere gli abitanti a cedere loro i terreni affinchè vi possano procedere le trivellazioni di gas naturale. Di contro ad un’iniziale arrendevolezza di questi ultimi alle offerte della Global, i dubbi avanzati dagli specialisti sulla pericolosità dell'estrazione di gas e l’attività di un ambientalista, Dustin Noble (John Krasinski), renderanno il lavoro di Butler più duro del previsto.


Di Promised Land si dice fosse il film che Matt Damon sognava per il suo esordio alla regia. Sceneggiatura scritta con John Krasinski, soggetto di Dave Eggers, autore del best seller L'opera struggente di un formidabile genio‎ - titolo altisonante e una trama di passione politica, contraddizione, umanità e sentimento. E se è vero che alla fine Damon ha ceduto la regia ad uno dei registi “alternativi” fra i più coccolati di Hollywood, limitandosi a prestare il suo volto al protagonista e la sua penna alla scrittura del film, chiunque abbia amato il Van Sant di Milk ed Elephant stenterà a trovare lo stesso sguardo in questa pellicola. Causa forse il passaggio di testimone ma il tocco appassionato e intimistico di Van Sant sembra essersi smarrito in un intreccio sbiadito e già visto. Sebbene sia evidente la sentita presa di posizione di regista e attori all’interno del dibattito ambientale ed ecologista, la lotta tra Steve Butler e Dustin Noble, rispettivamente a difesa e contro lo strapotere delle multinazionali energetiche, non riesce ad appassionare fino in fondo lo spettatore. Di contro infatti ad una netta stilizzazione delle parti in causa – l’affarista ambizioso in progressiva crisi di coscienza, l’ambientalista coraggioso, le popolazioni di ingenui indigeni - la denuncia del regista non segue lungo il film lo stesso stile a tinte forti e preferisce mantenersi, nonostante le intenzioni apparenti, sul politicamente corretto, con un tono moderato e quanto basta retorico, che punta soprattutto all’immedesimazione dello spettatore con “l’uomo qualunque“ Damon. Quella che doveva essere una denuncia specifica appare piuttosto il tormento di un uomo come tanti, che deve decidere se stare a fianco di un generico nemico politico ed economico o seguire la battaglia di un attivista.


Insieme a personaggi poco accattivanti, Promised Land riporta il difetto di un intreccio vago e impersonale, che manca di coinvolgere lo spettatore e che a tratti cede a tecnicismi superflui – soprattutto in merito alla controversa vicenda legata all’estrazione dei gas naturali dal sottosuolo con le relative implicazioni per la salute di essere umani e per le ripercussioni ambientali. Seppure appaia evidente nel film di Van Sant l’eco dell’indimenticabile - pietra miliare della carriera di Damon - L’uomo della pioggia, la narrazione non beneficia di un intreccio alla Grisham né della direzione di Coppola: così come il protagonista di Damon non ha il fascino di Rudy Baylor né del Drummond di Jon Voight. Sebbene anche il personaggio di Dustin Noble - un Krasinski sprecato per il ruolo - sia quasi del tutto privo dei tratti eroici che, anche in minima parte, il ruolo avrebbe richiesto, è soprattutto Butler la grande delusione del film: personaggio scialbo che non spicca il volo, e che appare più di ogni altra cosa la celebrazione del volto pulito e cinematografico di Matt Damon. Chi si era appassionato negli ultimi anni ad un nuovo Damon, cattivissimo e sfaccettato come in The Departed, dovrà invece rassegnarsi al rivederlo nuovamente nel ruolo che ne ha decretato il successo ad Hollywood: quello dell’idealista, (non più tanto) giovane americano che scopre lungo la via della carriera l’etica e la lotta. In nome di Coppola, e di un remoto Van Sant, con qualche anno in più e parecchie idee in meno.


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